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Pubblicato da comitatonogelmini
su 16 febbraio 2010
ScuolaOggi
Il programma di Riccardo Iacona “La scuola fallita”
(Presadiretta del 14 febbraio, Rai 3) ha messo bene in evidenza lo stato di sofferenza in cui
versa la scuola pubblica (statale) italiana,
riprendendo con grande obiettività e realismo temi che erano già stati
affrontati qualche tempo fa in un servizio analogo da Milena Gabanelli.
Sono stati toccati – in
maniera chiara, semplice ed essenziale – alcuni punti critici del
funzionamento delle scuole statali di ogni ordine e grado, oggi in grave
difficoltà.
Scuole pubbliche
sull’orlo di una crisi di nervi
Docenti precari, anche di non tenera
età e dopo anni e anni di servizio saltuario, in cerca di un posto fisso che non arriva.
Supplenti annuali che si spostano in continuazione da una scuola
all’altra, da un capo all’altro del paese, senza alcuna continuità
didattica per gli alunni.
Dirigenti scolastici che non possono chiamare i
supplenti per mancanza di fondi. Classi senza insegnante che vengono
quotidianamente divise e gruppi di alunni parcheggiati in altre classi,
con evidente disagio per tutti e disturbo per la didattica.
Riduzione degli insegnanti in organico, tagli alle
cattedre e diminuzione delle ore di attività didattica. Impossibilità di
svolgere attività per gruppi di alunni grazie al taglio delle
compresenze nella primaria. Meno insegnanti e meno ore di sostegno per
gli alunni disabili.
Stato penoso degli edifici
scolastici, sovente non a norma, fatiscenti e pericolosi.
Incrostazioni, perdite d’acqua e aule al freddo. Mancanza di arredi, a
cominciare dalle sedie. Mancanza di spazi, aule ristrette e
sovraffollate.
Mancanza
di fondi per l’acquisto di materiale didattico (finanziamento
didattico e amministrativo ridotto negli ultimi tempi a zero). Genitori che debbono sopperire con il
“contributo volontario”,
in una scuola – quella pubblica e dell’obbligo – che dovrebbe essere
gratuita.
Una situazione, nel complesso,
disastrosa ed estremamente preoccupante. Un quadro della realtà di tutti
i giorni che gli operatori scolastici conoscono sin troppo bene ma che
al grande pubblico non è noto. O almeno non lo è con questa nettezza.
Un altro mondo: le
“paritarie”
Ma il servizio di Iacona ha
avuto anche il merito di aver fatto il confronto con le
cosiddette scuole “paritarie” facendo emergere le
profonde “disparità” delle rispettive
situazioni, nel funzionamento ordinario e nel trattamento.
Qui – soprattutto nelle scuole
presentate (quasi tutte appartenenti alla fascia alta, es. l’istituto
Leone XIII e la scuola inglese di Milano) – sembra di essere in un altro
mondo. Aule e locali a regola d’arte, laboratori super attrezzati,
ampi spazi (palestre, piscina, atelier). Offerta formativa ricca e
differenziata (doppia lingua, varie attività creativo-espressive, aule
di informatica, lavagne luminose, ecc.). Docenti reclutati in base ad una valutazione
discrezionale e/o selezione direttamente da parte del dirigente o del
gestore, quindi “scelti” (sia quelli fissi che i
supplenti) senza impacci burocratici di graduatorie, punteggi, ecc.
Attività per gruppi di alunni e classi non affollate. Nessun elemento problematico o di
“disturbo” (alunni con handicap o stranieri, per intenderci). Utenza
selezionata (naturalmente in base al reddito). Insomma
non stiamo a dilungarci oltre: un altro pianeta.
E le scuole paritarie dispongono di bilanci in
attivo, godono di consistenti finanziamenti. Oltre alle entrate
provenienti dalle rette (piuttosto elevate, si va dai 7 mila ai 12-15
mila euro l’anno) le paritarie fruiscono di finanziamenti da parte dello
Stato. Non solo, ma in Lombardia i genitori che iscrivono i figli alle
paritarie hanno un contributo economico da parte della Regione, un
rimborso, la “dote scuola”. Una sorta di ulteriore “finanziamento
indiretto” per le private, targato Formigoni.[…]
Ma cosa sono le
paritarie?
Com’è noto la questione della “parità”
scolastica fra scuole statali e non statali (private) e soprattutto
quella dei finanziamenti pubblici alle scuole paritarie (private)
costituiscono senza dubbio un tema delicato quanto controverso, sul
quale vi sono pareri diversi e divisioni trasversali (soprattutto
all’interno del centro sinistra in senso lato).
Tutto
ha origine dal famoso art.33
della Costituzione che prevede che spetta alla
Repubblica istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi e che enti e privati hanno il diritto di
istituire anch’essi scuole e istituti di educazione ma “senza oneri per
lo Stato”.
Cosa implicasse questa precisa dicitura
era ben chiaro ai padri costituenti e lo è stato per quarant’anni nella
storia della Repubblica per gli stessi governi a guida democristiana.
Come ricorda Curzio Maltese nel suo libro “La questua” (Feltrinelli
ed.) “sempre, da De Gasperi in poi la DC aveva rifiutato di finanziare
con soldi pubblici le scuole e la sanità private, che in Italia
significa al novanta per cento: cattoliche.” Forse non ci si è
soffermati a riflettere abbastanza su questo fatto, che la dice lunga su
come venisse interpretata la frase “senza oneri per lo Stato” perfino
da un partito confessionale come la DC.
Per
non dire delle forze politiche presenti in Parlamento. Nel 1964 un
governo presieduto da Aldo Moro venne battuto alla Camera e messo in
crisi proprio per aver proposto un modesto finanziamento alle scuole
materne private.
Ironia della sorte vuole che sarà un governo di
centro-sinistra a guida postcomunista (governo D’Alema, ministro
dell’istruzione Berlinguer) ad aprire le porte, di fatto, con la legge
sulla parità scolastica (legge 62/2000), ai finanziamenti alle scuole
private. In realtà la legge 62 riconosceva alle scuole private paritarie
di svolgere un servizio pubblico, ma non prevedeva finanziamenti in
quanto tali, in quanto rifinanziava i contributi (sussidi) per le scuole
elementari parificate e materne non statali previste dalle leggi del
1925 e 1962.
Il ragionamento di fondo, comunque,
che sta alla base del riconoscimento della “parità scolastica” è che anche le scuole non statali
(private o degli enti locali), in quanto svolgono un servizio pubblico e
accettano di adempiere a determinati requisiti (strutture idonee,
programmi nazionali, ordinamenti dell’istruzione, bilanci pubblici…)
fanno parte del “sistema nazionale dell’istruzione”. Salvo poi la totale mancanza di verifiche
sul funzionamento effettivo di questi istituti e sul rispetto delle
regole e delle condizioni previste. Per non parlare della difformità di
trattamento con le scuole statali sul reclutamento dei docenti o sulla
“selezione” degli alunni, a partire dalla presenza di portatori di
handicap o stranieri, o ancora sul numero minimo di alunni per classe.
Illuminanti a questo proposito due
flash nel servizio di Iacona. Da un lato la madre che si vede respingere
l’iscrizione del proprio figlio perché disabile (“la scuola non è
in grado di seguirlo col sostegno, si rivolga alla scuola pubblica…”). Dall’altro
la pressoché assoluta mancanza di alunni stranieri (una dirigente del
Leone XIII che dice “non è solo una questione economica, ma gli
“extracomunitari” qui sarebbero anche a disagio… sa, c’è un’utenza medio
borghese, con un certo stile di vita…”).
… e perché
finanziamenti pubblici alle scuole private?
Ma andiamo avanti. Naturalmente
la Moratti, ministro
dell’Istruzione durante il successivo quinquennio di Berlusconi,
utilizzò ampiamente la legge Berlinguer per finanziare le scuole private
(scuole dell’infanzia e primarie).
La legge finanziaria del 2006 (comma 635,
Finanziamenti scuole non statali) e la legge n.27/2006 (ministro
Fioroni) estendono il diritto al finanziamento a tutti gli ordini di
scuola, dall’infanzia alle superiori. Queste hanno diritto
all’assegnazione di contributi (finanziamenti) da parte dello Stato per
la funzione pubblica che svolgono, a condizione che
autocertifichino (sic) di non avere “fini di lucro”.
Aperto un simile varco per i
finanziamenti pubblici alle scuole non statali (chiamiamole con il loro
nome: private), non stupisce che sia oggi la Gelmini ad affermare (vedi
intervista al Corriere della Sera del 18.6.2009) che sta pensando ad un
“sostegno economico” o bonus per chi studia alle private.
“Costituzione alla mano – dice la Gelmini- voglio che tutti abbiano il
diritto di scegliere se andare alla scuola pubblica o alla scuola
paritaria. Quindi, siccome le scuole paritarie costano, sto pensando ad
una riforma che dia la possibilità di accedere ad un bonus a chi vuole
frequentarle. Un po’ come succede già in Lombardia”. La Gelmini dimentica che non è in
discussione la “libertà di scelta” delle famiglie, diritto
costituzionale, ma semmai la spinosa questione del “senza oneri per lo
Stato”. E qui, ancora una volta, di oneri per le finanze dello Stato ce
ne sono, anche se aggirati dall’ipocrita soluzione del contributo dato
alle famiglie e non direttamente alle scuole. Perché, gira e rigira, lì
si torna. Al punto di partenza.
Il divario tecnologico
(di risorse e di trattamento) esistente
Ma
al di là del dibattito “politico-ideologico” sul significato del
dettato costituzionale in materia (il “senza oneri per lo Stato”)
pure non irrilevante e che qualche
riflessione autocritica all’interno della sinistra dovrebbe riaprire, quello che è francamente scandaloso è
quanto sta avvenendo proprio sotto il governo della scuola
Gelmini-Tremonti (e magari da un po’ di anni a questa parte).
Occorrerebbe fare un’analisi comparata sui finanziamenti erogati dallo
Stato alle scuole statali e a quelle non statali. Probabilmente
risulterebbe un dato costante: progressiva diminuzione da
una parte e crescita dall’altra. A fronte di un’enorme
sproporzione del numero di alunni iscritti.
Interessante a questo proposito
il dossier “Rapporto sul buono scuola 2009 nella
Regione Lombardia” presentato da Luciano Muhlbauer,
gruppo consiliare regionale di Rifondazione comunista, citato nel
sevizio di Iacona.
Nel Pd naturalmente il tema è tabù. Ci si guarda bene
dal parlarne, essendo una questione troppo spinosa e controversa.
D’altra parte non è stato Berlinguer (ed il suo brain trust) ad
aver aperto la strada e Fioroni ad averla imboccata aumentando i
finanziamenti (ed estendendoli anche alle superiori) alle “paritarie”….?
Guai, dunque, a rimetterle in discussione.
Ed è proprio questo che è paradossale! Lo Stato riduce
investimenti e risorse nella scuola pubblica-statale a fronte di un
aumento di finanziamenti alle scuole “private” che svolgerebbero un
“servizio pubblico” (sic).
D’altra parte è significativo quello che è avvenuto in
fase di finanziaria 2009, ove in un primo tempo erano previsti da
Tremonti tagli anche per le scuole paritarie. Tagli immediatamente
ritirati al primo stormir di fronde, dopo le proteste e le minacce di
mobilitazione (proprio così!) da parte dei vescovi.
Ragion per cui alle scuole private sono stati assegnati 120 milioni di
euro.
Ed ora, a fronte di una scuola pubblica (statale) praticamente
in ginocchio quanto a tagli di organici, riduzione di finanziamenti
(funzionamento ordinario, ecc.), qualcuno – la Gelmini, ma non solo lei
– ha l’ardire di riproporre un ulteriore sostegno economico alle scuole
private. Che dire? La destra fa indubbiamente il suo mestiere, ma non
sarebbe ora che anche la sinistra, all’opposizione, facesse
dignitosamente il suo?
Lungo questa strada il
divario tecnologico (e di trattamento) tra scuole private e scuole
statali è destinato ad aumentare e, francamente, tutto questo – oltre
che ingiusto e ai limiti della incostituzionalità – ci sembra davvero
scandaloso.
Ahahah…si caro Nino, tu metti proprio il dito nella piaga! In quella piaga dell’ignoranza italica il cui baluardo è rappresentato dalla Lega e a cui mira a portarci la politica di papi. Su questa ignoranza loro fondano il loro potere. La loro forza, e per questo oggi più di ieri fa paura. La storia ce l’ha insegnato, i fulgidi esempi di dittatura tiranna però per molti sembrano appartenere al passato e non si accorgono delle ombre che bellicose avanzano. Non vorrei essere Cassandra ma tantissime cose che ho già detto e paventato oggi si sono avverate… Spero di cuore di sbagliarmi, almeno questa volta. Lo spero per quei pochi italiani onesti e idealisti che credono che una Giustizia ci possa ancora essere.
Io posso solo appellarmi alla Giustizia Divina…
Consulta, visite fiscali: gli oneri finanziari non possono gravare sul
fondo sanitario regionale
Brunetta frenato dalla Corte
Costituzionale che annulla alcune disposizioni previste nella legge
133/2008.
La
Corte Costituzionale con la sentenza n.
207/2010 ha dichiarato illegittimi i commi 5° bis e
5° ter dell’art. 71 del decreto legge 25/06/2008, n. 112, convertito con
modificazioni in legge 06/08/2008, n. 133.
Queste
disposizioni prevedevano che gli oneri per gli accertamenti
medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia fossero a
carico delle aziende sanitarie locali e che, a tale scopo, in sede
di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario
nazionale fosse individuata una quota di finanziamento, ripartita fra le
regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei
rispettivi territori.
La
suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Toscana,
ha ribadito che le disposizioni impugnate ledono la competenza
legislativa regionale in materia di tutela della salute di cui all’art.
117 C. e l’autonomia finanziaria delle Regioni stesse di cui all’art.
119 C.
La
visita fiscale non può infatti essere qualificata come livello
essenziale di assistenza e le Regioni per ottemperare alle norme e per
garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbero
nella condizione di dover integrare il fondo sanitario regionale con proprie
risorse finanziarie.
Ricordiamo
che l’offensiva contro i dipendenti pubblici messa in campo dal
Ministro Brunetta prevede una serie di disposizioni, tra le quali il
controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche
nel caso di assenza di un solo giorno. Il ministro evidentemente
intendeva far pagare il suo attivismo, anche mediatico, sull’argomento a
soggetti terzi, vale a dire le Regioni.
Dopo
l’intervento della Corte Costituzionale, la domanda è chi
paga?
Le scuole, le Università infatti non potranno sostenere questo costo con
i bilanci in rosso per i tagli effettuati dal Governo. La manovra 2010
inoltre ne impone ulteriori e prevede una riduzione lineare del 10% alle
spese dei Ministeri.
Quindi
possiamo concludere che la conseguenza indiretta della sentenza 207/2010
sarà l’impossibilità di applicare le disposizioni
sull’obbligatorietà della visita fiscale per mancanza di copertura
finanziaria.
Questa
nuova pagina che si aggiunge, non fa altro che confermare il giudizio
negativo rispetto alle politiche messe in campo dal ministro Brunetta in
questi due anni di mandato. Calpestare i diritti di tutti, enti locali,
Regioni e soprattutto dei lavoratori, non produce affatto i risultati
attesi. Lo testimoniano le vertenze
positive vinte dalla FLC sulle disposizioni più
odiose relative alle decurtazioni retributive in caso di malattia.
Riferimento: http://www.flcgilcaserta.it/news_dett.php?recordID=2085
L’Italietta dello psiconano e dei suoi proseliti è solo questa….
DIFFONDETE… CONTRO LA LEGGE MAFIOSA SULLE INTERCETTAZIONI CHE QUESTO GOVERNO VUOL SPACCIARE PER DEMOCRATICA QUANDO INVECE FAVORISCE LA CRIMINALITA’ SU TUTTI I FRONTI.
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