Stasera, più o meno consciamente mi sono trovata nelle condizioni di fare un “setting” terapeutico. Spero che il colloquio, abbastanza lungo… a onor del vero, sia servito a qualcosa. Dal tono della voce al telefono direi di si. Comunque sono riuscita anche a “stipulare un contratto” fissando un obiettivo.
Ed è proprio l’obiettivo il focus del mio pensiero notturno.
In ciascuno di noi, come amo spesso ricordare, c’è quel “fanciullino” di pascoliana memoria. Un fanciullino più o meno triste, più o meno solo. Un fanciullino che per colpa degli adulti si porta dentro il peso di colpe non sue. Come una bestia da soma si trascina sulle spalle un fardello per colpe che non solo non sono sue ma che spesso non comprende nemmeno. Ed è quel fanciullo che ogni tanto affiora nei momenti in cui il nostro IO adulto si trova indifeso davanti ad un problema, quando deve affrontare un ostacolo e non sa come fare per affrontarlo.
Affiora quel bimbo e ci fa sciogliere in lacrime… oppure, come un animale braccato, un gatto catturato, si rivolta contro e dimenandosi graffia…
Come fare per lenire la sofferenza di quell’io bambino?
Forse una buona risposta c’è.
Tempo fa lessi un libro di una tizia americana [chiedo venia ma io con i nomi sto davvero messa male] che diceva di essere guarita da un tumore maligno, gli avevano diagnosticato non ricordo se tre o sei mesi di vita, semplicemente mettendo sul comodino una foto di quando era bambina. Ogni giorno lei parlava a quella bambina come se fosse stata sua figlia, conscia che era lei… Ed a quel suo io bambina le dava tutte le coccole e le sussurrava tutte quella parole che avrebbe voluto sentire, ricevere, ma che le erano state negate.
Ecco, trovo che sia un’idea carina se anche noi ci prendessimo un po’ cura della nostra bambina… Magari la sera, prima di andare a letto, augurandole la buona notte.
Sogni d’oro a voi….