Sapete cosa c’è di nuovo? Che mi sono proprio scocciata di sentire parlare di questo benedetto art.18 che come ben diceva Alberto Forchielli a Piazza Pulita ancora qualche giorno fa : E’ un totem… E’ un morto nella bara che muove un dito e viene portato al pronto soccorso. In sé stesso non cambia un c…o non toglie e non crea disoccupazione. Mi dite perché si parla da mesi solo dell’art.18? Per me c’è solo una priorità: Fare rientrare in Italia le industrie che sono scappate all’estero, (è vergognoso che si permetta a un filibustiere come Marchionne di portare la sede della FIAT in Olanda e pagare le tasse a Londra, è stata la peggiore truffa, o meglio il peggiore furto che gli italiani hanno pagato a una Industria che per 60 anni ha vissuto coi sussidi statali… questo in America NON sarebbe MAi successo e poi ci chiediamo perché siamo nella m….a?) .
Gli industriali devono riportare le fabbriche in Italia, tutti quelli che sono scappati all’estero e hanno creato occupazione altrove, dopo essersi fatti i soldi sulle spalle degli operai che oggi sono in cassa integrazione. Devono tornare e lo stato deve metterli in condizioni di poter lavorare e fare lavorare. E’ vergognoso che ci siano più di 4 milioni di disoccupati che vivono sulle spalle di quei pochi che hanno ancora la fortuna di avere un lavoro e che devono mantenere anche i pensionati, d’oro e non, e gli invalidi… Cazzumb parliamo di cose serie… queste sono le cose di cui occuparsi, poi indagini, statistiche, analisi storiche lasciamoli ai posteri, agli storiografi a chi si occuperà di studiare la società…
Noi non siamo il passato, siamo il presente e il presente esige questo: sic et nunc. BASTA!!!!!
Mese: settembre 2014
L’uovo di Colombo
Un certo Kim Jong Un @KimKorea83 3 h su Twitter a proposito della delinquenza che c’è in giro sembra che abbia trovato la causa.
Infatti dice:
“Parte tutto dal non casco a Napoli”, il mancato scontrino per poi finire al professionista che progetta l’abuso edilizio…
Per poi continuare:
“il parcheggio in divieto, i piccoli reati quotidiani sono nulla ma creano il contesto culturale criminale”
Quindi la criminalità non è dovuta in primis alla fame, alla disparità sociale… alla mancanza di lavoro. Alla disperazione. All’impotenza di trovare lavoro, a una assenza di valori che si fondano sulla civile convivenza democratica. All’ignoranza e al disagio sociale. A una voragine nelle coscienze che cancella la libertà degli altri. La criminalità non è insita nell’uomo dalla sua prima disobbedienza (non mangiare dall’albero) . No la criminalità è una cosa che è nata solo da quando a Napoli non si porta il casco. Glielo volete dire ai banchieri, ai grandi speculatori finanziari, a chi ci governa? Mica è colpa loro se delinquono. Il problema nasce dal fatto che a Napoli non portano il casco… Pensate un po’… ma la gente lo aziona il cervello la mattina?
Sapete che c’è di nuovo?
Sapete cosa c’è? Mi sono scocciata di sentire gente lamentarsi o farci la cronostoria di ciò che eravamo. Dalle mie parti si dice: Se mio nonno non moriva era ancora vivo.
Che tradotto sta a indicare una situazione data per scontata. Un fatto ineluttabile a cui non si può rimediare.
I napoletani, gente che sa cosa voglia dire vivere alla giornata, popolo di grande inventiva pur di guadagnare una lira, si diceva una volta (e non importa s ein maniera lecita o illecita, che per loro è più importante mangiare per vivere) dicono: Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato…scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisá!
Ciò che è stato lo sappiamo tutti, inutile continuare a ripeterlo, il problema è un altro:
“Cosa vogliamo essere per i prossimi 5, 10, 50 anni?”.
Qua o la smettiamo tutti di fare demagogia e chiacchiere a vuoto e ci rimbocchiamo le maniche oppure fate come quella vecchia di cui mi parlava mia zia che, arrivata all’età di 80 anni, si comprò la bara (perché dice poi gli eredi per risparmiare chissà dove la mettevano) e la mise sotto il letto. Ogni tanto la apriva e faceva le prove per vedere se stava comoda…
Fatelo anche Voi.
Da parte mia cerco di fare il mio dovere, di rendermi utile alla società. Poco… molto… non lo so. Una cosa è certa, non ho più voglia di sentire e leggere lamentele. Sono stata orfana troppo presto e troppo presto ho dovuto imparare a camminare sulle mie gambe. Ho conosciuto,, vivendoci, anche la ricchezza, non mia. Ho preferito guadagnarmi la vita rompendomi la schiena e andando avanti da sola e senza raccomandazioni. Per me non c’è stato un periodo in cui si stava meglio rispetto ad oggi, forse perché anche io, come i napoletani, ho imparato a lavorare per mangiare oggi… Perché non iniziate a farlo anche voi?
Prendete a mente il “Carpe diem” oraziano e fatene il vostro mantra quotidiano, chissà che non si aggiusterà anche il Paese così?
Il famigerato art.18 dei lavoratori: pro e contro
Bonanni ha consegnato i lavoratori in mano alla destra già un decennio fa ma non so se l’art. 18 sia di destra o di sinistra. Trovo che sulla insindacabilità del licenziamento si debba tornare a discutere. Dobbiamo essere realisti e prendere atto che questo enunciato è stato quello che ha favorito la politica della minore fatica. Quello che era, ed è, importante era lo stipendio non quanto la singola persona contribuiva al benessere dell’azienda, fosse questa pubblica o privata, per cui lavorava. Dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere che se il paese è andato allo sfascio è anche per colpa di tutti quei lavoratori assenteisti, lavativi che svolgono poco e male il lavoro per cui sono pagati… tanto non possono essere licenziati… Io penso che ci sia un codice deontologico che riguarda tutti i lavoratori e che questo codice è stato disatteso per il 50% di loro.
E altresì vero che anche l’abolizione dell’art.18 è un’arma a doppio taglio se il datore di lavoro la usa per “discriminare” i dipendenti per le loro idee ad esempio. Ma abolirla vuol dire anche che molti imprenditori potrebbero assumere più personale in quanto l’art. 18 non si applica a quelle aziende dove lavorano meno di 15 dipendenti e questo la dice lunga sul numero dei disoccupati attualmente nel paese…
Insomma qui non si tratta di giocare a braccio di ferro ma di sedersi e discutere per il bene comune…
Problema immigrazione
L’Italia, la Sicilia in primis, è sempre stata terra di conquista…

Le tracce del popolamento siciliano da parte di popolazioni del sud-est del mondo si perdono nella notte dei tempi.
Ci sono stati “invasioni” pacifiche, con le genti che si insediavano per lavorare e insediamenti che sono avvenuti con la forza: Greci, arabi, normanni, spagnoli, francesi si sono mescolati agli indigeni del luogo. La cosa singolare è che non c’è mai stata la supremazia di una cultura sull’altra ma ciascuna si è integrata, come la tessera di un puzzle, nel tessuto sociale esistente.
Oggi l’unica differenza è che questi barconi sono barconi di disperati messi su da gente che ha trovato un ottimo sistema per lucrare ed arricchirsi sfruttando la miseria, l’ignoranza, la disperazione.
Ecco, la disperazione è la più abietta amoralità di ciò che sta accadendo nel canale di Sicilia… e siamo tutti colpevoli.
Tutto il mondo è colpevole. Chi per una ragione e chi per un’altra!
Giuramento di una docente
Giuramento dell’insegnante alla scadenza del suono della campanella:
Giuro che metterò tutto il mio impegno nell’ascoltare i bambini ed i loro bisogni.
Giuro che niente e nessuno potrà distrarmi da questo ascolto.
Giuro che il mio solo obiettivo è quello di agire nell’interesse del bambino.
Giuro che non mi lascerò abbattere da maldicenze ed ineducazione di chi mi circonda.
Giuro che il mio sguardo, la mia mente, la mia anima, saranno tutti rivolti al bambino per garantirgli una crescita intellettiva armonica e multidisciplinare.
Giuro di rendere piacevole il suo venire a scuola.
Giuro di fargli amare i libri e stimolarlo nella ricerca della conoscenza.
Giuro di tenere desto in lui l’amore per il sapere.
Giuro di invogliarlo a rispettare l’ambiente che lo circonda.
Giuro che farò del mio meglio per dare alla società individui migliori di quelli che la stessa de-forma…
Buon anno a tutti i lavoratori della Pubblica Istruzione.
Un po’ di storia dell’Italia Meridionale al tempo dei Borboni
Quando molti dicono che al sud eravamo arretrati e che il nord, con l’unità d’Italia ci ha civilizzati si manifesta la totale ignoranza della storia del sud. Il Complesso Monumentale Belvedere di San Leucio, considerato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, testimonia invece il governo di un re davvero illuminato.
Il Belvedere di San Leucio è un complesso monumentale in quel di Caserta, voluto dal Carlo di Borbone re di Napoli e Sicilia (e successivamente re di Spagna con il nome di Carlo III), che è considerato, insieme al Palazzo Reale di Caserta ed all’Acquedotto del Vanvitelli, Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio
L’utopia di Re Ferdinando di dar vita ad una comunità autonoma (chiamata appunto Ferdinandopoli) lascia a Caserta il Belvedere di San Leucio, i suoi appartamenti reali, il giardino all’italiana e l’annesso Museo della Seta, dove è possibile visitare i macchinari del Settecento col quale si tesseva la seta diventata famosa in tutto il mondo tanto da arrivare ad arredare la Casa Bianca, Buckingham Palace e il Palazzo del Quirinale. Da dieci anni nei mesi di giugno e luglio si tiene presso il Teatro dei Serici del Belvedere il Leuciana Festival che in pochi anni è riuscito a catalizzare l’attenzione di migliaia di persone divenendo uno dei festival più prestigiosi della regione.
Il re Carlo di Borbone, consigliato dal ministro Bernardo Tanucci, pensò di formare i giovani del luogo mandandoli in Francia ad apprendere l’arte della tessitura, per poi lavorare negli stabilimenti reali. Venne così costituita nel 1778, su progetto dell’architetto Francesco Collecini, una comunità nota come Real Colonia di San Leucio, basata su uno statuto apposito del 1789 che stabiliva leggi e regole valide solo per questa comunità. Alle maestranze locali si aggiunsero subito anche artigiani francesi, genovesi, piemontesi e messinesi che si stabilirono a San Leucio richiamati dai molti benefici di cui usufruivano i lavoratori delle seterie.
Ai lavoratori delle seterie veniva infatti assegnata una casa all’interno della colonia, ed era inoltre prevista anche per i familiari la formazione gratuita e qui il re istituì difatti la prima scuola dell’obbligo d’Italia femminile e maschile che includeva discipline professionali, e le ore di lavoro erano 11, mentre nel resto d’Europa erano 14.
Le abitazioni furono progettate tenendo presente tutte le regole urbanistiche dell’epoca, per far sì che durassero nel tempo (infatti ancora oggi sono abitate) e fin dall’inizio furono dotate di acqua corrente e servizi igienici. Le donne ricevevano una dote dal re per sposare un appartenente della colonia, anche se a disposizione di tutti vi era una cassa comune “di carità”, dove ognuno versava una parte dei propri guadagni. Non c’era nessuna differenza tra gli individui qualunque fosse il lavoro svolto, l’uomo e la donna godevano di una totale parità in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia. Era abolita la proprietà privata, garantita l’assistenza agli anziani e agli infermi, ed era esaltato il valore della fratellanza.
Si trattò di un esperimento sociale, nell’età dei lumi, di assoluta avanguardia nel mondo, un modello di giustizia e di equità sociale raro nelle nazioni del XVIII secolo e non più ripetuto così genuinamente nemmeno nelle successive rivoluzioni francese e marxista.
Il re Ferdinando IV di Borbone aveva molto a cuore la colonia e progettò di allargarla anche per le nuove esigenze industriali dovute all’introduzione della trattura della seta e della manifattura dei veli, quindi per costruirvi una nuova città da chiamare Ferdinandopoli concepita su una pianta completamente circolare con un sistema stradale radiale ed una piazza al centro per farne anche una sede reale, non vi riuscì ma nei quartieri annessi al Belvedere mise in atto un codice di leggi sociali particolarmente avanzate, ispirate all’insegnamento di Gaetano Filangieri e trasformate in leggi da Bernardo Tanucci.
Ferdinando IV preferiva San Leucio in modo particolare e vi organizzava spesso battute di caccia e feste condivise con la stessa popolazione della colonia.
Lo stesso Ferdinando IV firmò nel 1789 un’opera esemplare che conteneva i principi fondanti della nuova comunità di San Leucio: Origine della popolazione di S. Leucio e suoi progressi fino al giorno d’oggi colle leggi corrispondenti al buon governo di essa di Ferdinando IV Re delle Sicilie. Tale codice, voluto dalla consorte Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, fu edito dalla Stamperia Reale del Regno di Napoli in 150 esemplari. Il testo, in cinque capitoli e ventidue paragrafi, rispecchia le aspirazioni del dispotismo illuminato dell’epoca ad interpretare gli ideali di uguaglianza sociale ed economica e pone grande attenzione al ruolo della donna.
Quando si incominciarono a costruire i nuovi edifici il progetto si interruppe a causa della rivoluzione del 1799, della discesa di Napoleone Buonaparte in Italia e della nascita della Repubblica Partenopea. Tuttavia, durante il governo francese di Gioacchino Murat, protrattosi dal 1808 al 1815, San Leucio ebbe comunque un ulteriore sviluppo industriale.
In seguito alla Restaurazione il progetto della neo-città venne accantonato, anche se si continuarono ad ampliare industrie ed edifici, tra cui il Palazzo del Belvedere. Il progetto utopico del re Ferdinando finì con l’unità d’Italia quando tutto venne inglobato nel demanio statale, ma tradizione e qualità nelle produzioni di tessuti serici sono rimaste ancora oggi.
[tratto da Wikipedia]
Il ficodindia – la ficondidia
In Sicilia è “tempu di ficurinia”:

Si ddi ficurinia tà fari ‘na manciata
jè d’obbligu ca ti susi ammatinata.
‘U “coppu” porti cu la manu ritta
e cu la manca carrii ‘na vecchia sicchia.
Juntu ca sì, supra ventu tà purtari
si di li spini tu ti vò quartiari.
Lu “coppu” giri ccu ranni maistria
e la ficurinia casca e veni a ttia.
Riturnannu a’ casa, la tò prima ravizzia
jè chidda d’inchiri d’acqua tutta ‘a sicchia.
Passatu ‘n pocu ‘i tempu i ficurina
ora hanu cchiù morbida la spina.
Tuttu jè prontu e cu nu cuteddu tagghienti
spicci li ficurinia ‘n tempu ‘i nenti.
Li ficurinia quantu ‘i fora su’ dduri e spinusi
tantu rintra sunu dduci e sapurusi.
Rici la genti ca se ne manci assai
ppoi a lu gabbinettu nun ci vai,
ma se ne manci pocu…quantu abbasta,
lu stommacu si conza e non s’agguasta!
La ficurinia na’ ‘stati caura e suligna
jè lu fruttu ca n’arriala la campagna.
(LA FICURINIA di Giorgio Guarnaccia)
Traduzione:
http://www.lionsclublicata.org/pages/ATTIVITA/attivita%20carrubba/9%20Memorial/insidepag/POETI/guarnaccia.htm
Alberto Forchielli e la globalizzazione su piano inclinato…

Su http://www.pianoinclinato.it/ Alberto Forchielli, stamane ha annunciato che sta scrivendo un libro il cui titolo, non definitivo, è “Come migrare” e ne spiega le ragioni che l’hanno portato a ciò.
Potete trovare il suo pensiero qui:
http://www.pianoinclinato.it/come-migrare-perche-deciso-scriverne-libro/#comment-1740
Chi mi conosce sa benissimo quanto io apprezzi e stimi questo grande Economista il cui pensiero mi sono trovata spesso a condividere in perfetta lunghezza d’onda col mio. Inoltre le sue previsioni si sono sempre rivelate esatte, azzeccate. E’ un uomo che nella vita si è speso senza risparmio per il suo lavoro che non è incanalato solo su una strada ma su più strade. Quando penso ad Alberto Forchielli l’immagine che il mio cervello mi proietta è quella di un uomo che si trovi alla base di un ventaglio. Chiuso sembra che abbia un solo interesse ma come lo apri ti rendi conto che la sua mente si espande in molteplici direzioni.
Però, non tutte le ciambelle riescono col buco (perdonatemi l’eufemismo terra terra) e così mi trovo perplessa nel leggere queste sue parole, oggi.
Premetto che quello che Alberto fa per i giovani italiani è davvero molto, moltissimo. Mosso a ciò, in primis, dal suo amore per loro che aiuta in tutti i modi possibili e impossibili. Mi capita di imbattermi in qualcuno di loro e so quanto sia stato determinante il suo aiuto, la sua presenza vicino a loro. Non ultimo, oltre all’agenzia “T-Island”, le borse di studio per meritevoli e bisognosi che da quest’anno beneficieranno grazie alla “Fondazione Roland Berger” portata in Italia dalla sua grande cocciutaggine e dalla sua grande generosità… ma… ma ecco le mie perplessità lasciate come commento a margine del suo pezzo.
– “Ti leggo e sai benissimo come mi si stringe il cuore a queste tue parole. Non è il cuore della madre che dovrebbe vedere andare via il figlio quello che soffre. No. E’ il cuore di una donna, un’italiana, che ama appassionatamente il suo Paese e non si rassegna ad abbandonarlo all’incuria e all’inedia di chi può e non fa.
E’ vero quello che dici, Alberto. La colpa non è tutta e solo da ascrivere alla classe politica. Proprio ieri sera nella mia pagina di Fb ho iniziato ad accennare qualcosa di un bozzolo del mio pensiero, sono sicura che tu lo condivideresti in pieno. La colpa, dicevo, non è solo della Politica, un grande ruolo l’hanno giocato anche i sindacati ma prima di tutto gli industriali. Ho letto il Tuo condivisibilissimo pensiero sulla globalizzazione, sui suoi limiti e sul danno al nostro sistema economico. E’ vero, la globalizzazione è tra le cause primarie da ricercare nella nostra decadenza economica e industriale. I magnati, Marchionne in testa, hanno portato altrove le sedi “legali” delle loro aziende, dove pagano meno tasse e dove il costo della manodopera è irrisorio, dimenticandosi, però, che se le loro aziende sono diventate ciò che sono è grazie anche al sudore di padri e madri di famiglia “italiani” che dentro le loro fabbriche hanno lavorato per anni ed anni. E’ grazie anche alle numerose incentivazioni statali pagati da tutti gli italiani.
Se c’è una cosa che ho imparato dalla “globalizzazione” seguendoti è che non solo ha un volto disumano ma è anche anti etica.
Adesso, forse hai ragione, ci avviamo a una terza generazione di emigranti, non più ignoranti, analfabeti, contadini con la valigia di cartone legata con lo spago, come quella che partì ai primi del ’900 dall’Italia ma ragazzi con tanto di laurea in tasca, col trolley e col pc a tracolla. Non più su navi stipati dentro le stive ma su voli low-coast. Mi chiedo però una cosa. Quelli che partivano una volta mandavano i loro soldi a casa, ai genitori, alle mogli rimasti in Italia, e così hanno aiutato le banche ed il Paese a rinascere. Oggi succederà la stessa cosa? Faranno i nostri giovani come gli immigrati cinesi, pakistani, africani che ogni anno veicolano verso i loro paesi di origine milioni e milioni di euro?
Può servire al Paese questa emigrazione o non lo depauperà di risorse giovani che potrebbero rinnovarlo?
Forse la mia può sembrare una domanda provocatoria ma non lo è. Cerco solo di capire. Ho “bisogno” di capire.
Grazie se mi vorrai rispondere”.
Tra luce e tenebre
Ci muoviamo nel mondo delle apparenze. Su un piano terreno fatto di pensieri ed emozioni e pensiamo di essere noi gli artefici della nostra vita, del nostro destino.
Sguazziamo nelle nostre certezze come un pesce dentro l’acqua. Ci stiamo bene. Ci danno sicurezza, forza. Ci confortano nei momenti in cui ci afferra quel senso di vuoto e ci illudiamo che siano queste a riempircelo.
Poi, d’improvviso una crepa, un tremolar di terra sotto i piedi e tutto frana.
Tutto si distrugge e con stupore ci guardiamo attorno dove tutto è rovinato. Rovistiamo tra le macerie sperando che qualcosa sia rimasto intatto.
Ma non troviamo nulla.
Ci affanniamo, non demordiamo, speriamo con la forza della disperazione che ci assale nel ritrovarci privati di tutto ciò che consideravamo assodato, inoppugnabile, indistruttibile, che non sia sparito del tutto, così in un batter di ciglio. E la ricerca diventa più frenetica, abbandoniamo le pale e iniziamo a scavare con le mani, ci feriamo ma godiamo di quelle ferite che non ci fanno sentire il dolore più grande: Quello della perdita.
Le lacrime ed il sangue impastano la polvere che si deposita e creano una crosta dentro cui si rinchiude il corpo e ti senti soffocare. Senti che ti manca l’ aria. Balzi giù dal letto e urli. Urli a quel Dio che molti ti dicono che non esiste.
Non esiste?
Ti guardi attorno ma difficile scorgere nelle tenebre che ti circondano la sua presenza. Lo invochi: Dio, ci sei?
e nell’angoscia del momento ti viene in mente la battuta: Se ci sei, batti un colpo.
Tu, Dio o Demone, se ci sei dammi un segno e aiutami a dare un senso a questa vita, alla mia esistenza. Io ti imploro, spiegami se e in che modo la mia vita debba essere condizionata da avvenimenti esterni a me. Se io sono padrone della mia vita, delle mie azioni, se io sono il solo responsabile di ciò che mi accade perché debbo subire decisioni prese fuori di Me? Perché metti la mia vita nelle mani degli altri rendendoli padroni della mia libertà? Libertà… che libertà è mai questa che sottostà ai capricci altrui? Dove è la mia libertà se chi vive accanto a me mi incatena con legami di dipendenza fisica e psichica? Chi chiama questa:libertà? Questa è schiavitù altro che libertà!
Nella notte, mentre ancora non si è perso l’eco della tua invocazione, ecco che prende forma una strada. Intravvedi un sentiero e si… Ora hai la certezza che in realtà ti stai muovendo su un livello e sopra di questo se ne trova un altro. Fai i conti con la tua limitatezza che non è solo fisica, condizionata dall’idea di tempo e spazio entro cui ti hanno insegnato a muoverti ma che vi è un oltre. Un livello più su della tua testa.
D’ improvviso ti è chiaro che da qualche parte ci deve essere una scala di servizio da usare per salire.
Adesso si tratta di trovare la porta.
Addio mio generale!
Non sarà facile e so che non è un addio definitivo. Continuerò a cercare tra le rovine e mi rialzerò per cercare la porta. Tornerò ad accasciarmi, a continuare a cercare tra cumuli di terra, polvere e fango e tornerò a rialzarmi ma ora sono certa che prima o poi troverò quella porta ed allora si, allora sarà un addio definitivo a questa vita e sarà l’inizio della “nuova nascita”.
Ed ora mentre sto con un piede tirato verso il basso e l’ altro che tenta di compiere un salto sopra le rovine che mi franano addosso prendo appunti. Abbozzo la mia storia e la salvo.
Non va resettata.
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