Pubblicato in: La Scuola vista da me, Notizie e politica, Riflessioni personali

Parlando sempre di scuola


Immagine3Mi rendo conto che alla fine non ci sono grandi uomini ma solo uomini che il popolo fa diventare grandi. Se poi a questo ci aggiungi qualche titolo allora il gioco è fatto. Più volte ho scritto come, per contare, almeno in Italia, devi “mostrare” i titoli altrimenti nessuno ti prende in considerazione. (Giannini docet). Non importa poi se quel titolo che tu vanti sia stato meritato o meno… il fatto è che connota le tue parole come mantra. Anche se dici stronzate. Dico questo per riallacciarmi ad un post scritto su Fb da Paolo Cardenà, professore che apprezzo moltissimo per la lucidità dell’analisi economica che fa. Nel suo post lui dice di non amare Boldrin né ciò che questo dice, nello specifico riguardo all’articolo che Boldrin ha scritto sulla scuola. E’ vero che il liceo classico è sempre stato visto come la scuola d’elite, ma solo da quell’elite con la puzza sotto il naso che pensa che i figli non hanno bisogno di lavorare (e ce ne sono ancora tanti, purtroppo) a dimostrazione di come la grettezza mentale non si coniuga con l’intelligenza. Per fortuna che i licei sono scuole statali e tutti vi possono accedere se tengono conto, esclusivamente e solo, della loro predisposizione a questo o quello studio. Detto questo ecco il mio commento al post:
Anche Piaget nel lontano 1919, se ricordo bene, scriveva che gli studi scientifici erano da preferire rispetto a quelli umanistici in quanto più ancorati alla realtà sociale che tendeva ad un crescente sviluppo dell’industrializzazione. A parte che nessuno, nemmeno un genitore, deve orientare le scelte del ragazzo, credo che quello che diceva Boldrin, di cui ho letto l’articolo, non aveva nulla di nuovo. Si tratta del vecchio problema di spostare o anticipare le scelte lavorative dei giovani, argomento ripreso più volte durante il periodo berlusconiano ad esempio, se la memoria non mi inganna, per avvicinarlo di più agli standard scolastici americani. Il guaio è che quando si parla di riforma della scuola si guarda sempre di più ai “tagli”. Eliminare un anno di scuola significa eliminare spese di gestione e amministrative. Sembra l’uovo di Colombo ma con la doratura. Invece di puntare sulla qualità del servizio offerto si riduce il servizio. Mah…

Autore:

Docente di Scuola Primaria, specializzata sul Sostegno, ha conseguito il diploma di Counsellor Scolastico (Iscritta al CNCP), si interessa di: Istruzione. Costume e Società. Politica e Religione. Arte e Letteratura. Web e multimedialità. Inseguendo una chimera… Acqua, Vento e Nuvola

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