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La Scuola Pubblica e i “furbetti” della Privatizzazione


Nel leggere questo articolo una domanda sorge spontanea: TUTTI si lamentano di quanto faccia “schifo” la nostra Scuola Pubblica. Di quanto incapaci sono i nostri professori. Di come NOI docenti ci rubiamo lo stipendio (che ricordo è quello dei morti di fame in EU)… Insomma, sulla scuola pubblica sparano tutti a raffica senza rendersi conto che è come sparare sulla Croce Rossa. All’estero lo sanno bene per questo CERCANO i nostri giovani laureati… Ma quante balle ci raccontano e quanto idioti siamo ad abboccare all’amo? Possibile che in Italia si campa e ci si ingrassa solo sul populismo e la demagogia? Faccio male a pensare che dietro ci sia tutto uno sporco disegno di gente che pensa di investire nel Privato solo per “arricchirsi”?

Medici con la valigia: più di 2 mila ogni anno scappano all’estero dopo la laurea

Dal 2009 a oggi sono sestuplicate le richieste per i documenti E si prevede un aumento. “Fuori assumono volentieri i nostri giovani”

di MICHELE BOCCI

ROMA – Mettono lo stetoscopio in valigia e se ne vanno. Scappano da un Paese dove per loro non c’è lavoro, malgrado le carenze di personale negli ospedali facciano pensare il contrario. Scappano dal precariato, da stipendi bassi e mai sicuri, da baroni che spadroneggiano in corsia e pazienti dalla causa facile. E scappano in numero sempre maggiore.

In appena cinque anni i medici italiani che hanno chiesto al ministero della Salute i documenti necessari per ottenere un impiego all’estero sono sestuplicati. Erano 396 nel 2009, sono stati la bellezza di 2.363 nell’anno appena concluso, che ha segnato un vero boom di espatri.

Nel 2013 infatti avevano fatto la domanda in meno della metà: mille. E questi numeri tengono conto solo di chi si è trasferito nei Paesi, prevalentemente europei, che richiedono all’Italia un certificato che confermi laurea ed eventualmente specializzazione. Chi va a lavorare altrove, ad esempio in Sud America oppure in Africa, sfugge ai calcoli del ministero. C’è qualcosa che non torna nel sistema di formazione e di arruolamento dei medici nel nostro Paese. A dirlo, prima ancora dell’esodo di giovani uomini e donne che hanno impiegato fino a 11 anni della loro vita per diventare bravi professionisti, è la matematica.

Ogni anno in Italia si laureano circa 10 mila camici bianchi, che subito dopo aver discusso la tesi si trovano davanti il primo imbuto. I posti nelle scuole di specializzazione sono solo 5mila (dovrebbero essere un po’ di più l’anno prossimo), altri mille sono quelli per il tirocinio di vuole diventare medico di famiglia. In 4mila dunque restano fuori. Così si mettono a fare le guardie aspettando di provarci l’anno successivo oppure vanno all’estero. Ma anche chi è riuscito ad entrare in una scuola e a concludere il percorso formativo si trova davanti un grosso problema.

Nelle aziende sanitarie ed ospedaliere pubbliche c’è da tempo un blocco del turn over che riduce le assunzioni al lumicino. E infatti nei reparti italiani i camici bianchi sono circa 5mila in meno rispetto al 2009. Le carenze denunciate dai sindacati dei medici si comprendono bene in periodi come quello che stiamo attraversando, con l’influenza che batte e i pronto soccorso che scoppiano per il grande afflusso di pazienti. “Vanno tutti via perché il nostro sistema formativo non dà garanzie e oltretutto le opportunità lavorative e formative all’estero sono migliori”.

È laconico il commento di Federspecializzandi, l’associazione che raccoglie i giovani medici che stanno facendo la formazione post laurea. “Negli altri Paesi si sono resi conto che da noi ci sono molti colleghi già formati che cercano lavoro  –  conferma Carlo Palermo, vice segretario di Anaao, il sindacato più importante dei medici ospedalieri  –  E infatti assistiamo alle pubblicità, veicolate attraverso riviste specializzate ma anche social network, di Francia, Germania e Inghilterra che invitano i nostri giovani ad entrare nei loro sistemi sanitari”.

La tendenza nei prossimi anni aumenterà, anche perché all’estero “comprano” volentieri professionisti formati in Italia. “Bisogna intervenire in vari modi per invertire questa tendenza  –  dice sempre Palermo  –  Intanto vanno aumentate almeno fino a 8mila le borse di studio per le specializzazioni, poi va riaperto il turn over dentro gli ospedali. Dall’altro lato devono essere anche ridotti per alcuni anni gli accessi alla facoltà di Medicina, anche per riassorbire gli incrementi di iscrizioni legati alle sentenze dei Tar, che hanno riammesso molti dei candidati scartati facendo crescere il numero degli iscritti in certi anni anche fino a 12mila”. Sono tante le strade che si potrebbero prendere ma bisogna fare presto. Sempre più medici

QUI L’Articolo

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… e si va avanti… si tenta almeno…


Che tristezza… ogni giorno che passa mi passa la voglia di andare a lavorare per un “non stato sociale”…

Ho saputo in tarda mattinata, di una breve visita del sig. Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione, nella mia scuola. Finito l’orario di lavoro, mi reco in aula magna per ascoltare la conferenza-incontro appena cominciata. Insieme alle più alte autorità regionali del governo di questa istituzione, il sottosegretario all’Istruzione ascolta le domande debitamente preparate dai ragazzi (e dai loro insegnanti), alcune molto pertinenti. Ne ascolta una, due, tre, sei, nove, dieci. I quesiti posti dagli alunni via via si specificano, inferiscono ed esplodono problemi, esigenze, contraddizioni. Il sottosegretario non prende appunti, non annota; ascolta. Il moderatore chiede ne vengano fatte delle altre. “Ancora?” – penso – “ce n’è già per tirar fuori tanto più del necessario…”. Se ne aggiungono un altro paio. Il signor Faraone, sottosegretario all’Istruzione, si alza e comincia a parlare. Nella sala, un minuto di attento silenzio per l’incipit, giusto per saggiare l’intensità di tono e pensiero. Poi le frasi del parlante si smozzicano, lambiscono questioni, circumnavigano problemi, puntualizzano genericità. I ragazzi partono per la tangenziale della noia. Il tono del sig. Faraone, sottosegretario all’Istruzione, è costante e frettoloso; ogni frase agglutinata, appiccicata alla successiva come da copione, le domande non trovano risposte. Dice che la Scuola è finalmente diventata una priorità del governo, ma la monotonia delle affermazioni, la loro dimensione acritica, immotivata, non interessa né rassicura nessuno. E allo stesso modo fa aleggiare la valutazione e progressione di carriera di presidi e docenti: vaga, ectoplasmatica, non una parola su modalità e criteri. Ci si aspetta un dato, una questione, un punto o una consapevolezza cui potersi afferrare, e invece la voce del sig. Faraone, spedita ed esanime, continua ad affastellare disomogeneità, a evocare un fantomatico mondo del lavoro, a speculare sul prima e sul dopo delle eterne irresponsabilità di questo Paese. Qualche ragazzo ha già messo mano al telefonino. Irrompono gli slogan. Il flusso discorsivo con tutte le sue facili perifrasi -“la centralità dell’alunno”, “chi educa gli educatori?” (già, chi li educa? e i giudici chi li giudica? e i medici chi li medica? e i notai chi li nota?) – cade su una platea di alunni distratta, rassegnata, dagli anticorpi precocemente avvezzi all’inconcludenza. Qualche confuso proposito si infrange sulla scogliera delle ovvietà, o del futuro verbale che tutto accomoda, tutto monda. Il linguaggio continua a girare su se stesso, non conclude; le similitudini arrancano, fa capolino un inglesismo tecnico (che non guasta mai), furoreggia il plurale maiestatis. I ragazzi vagano oramai spersi nelle praterie dell’indifferenza. Molti docenti si guardano delusi, mortificati; un’altra ombra su un lavoro che pare non avere senso. Qualche altro gongola per ragioni che la mia intelligenza e buona volontà non saranno mai in grado di apprezzare. Il mio pensiero, ormai in un’alienazione metafisica, chiede disperati lumi a Gustave Flaubert ed al suo “Dictionnaire” di banalità impossibilmente completo.
La fuffa di una ventina di minuti si avvia al termine, il moderatore si avvicina allora al sottosegretario per ringraziarlo, ed io mi aspetto che si dia spazio a qualche replica. Vorrei chiedere al sig. Faraone quale significatività, quale durevole utilità crede abbia lasciato nei ragazzi il suo parlare, e che sensazione si prova ad aver risposto in maniera tanto approssimativa a domande tanto precise. Ma non c’è tempo: il sig. Faraone, sottosegretario all’Istruzione, appena si è liberato del microfono sta già stringendo la mano alle autorità assise ed avviandosi verso la porta, mentre un altro degli illustri relatori, non senza qualche imbarazzo, comincia a parlare ad un aula in sgombero. Fretta ingrata (e avveduta). Ciononostante il sottosegretario non è andato via, è lì sul piazzale dove si intrattiene a lungo col piccolo capannello di funzionari ovviamente adunatosi intorno, e col solito florilegio di qualche omaggiante comparsa. Fioccano sorrisi, caldi amplessi, pose impettite, cenni metafisici, vocazioni di appartenenza; è tutto un cercarsi ed uno sfiorarsi di eccitate complessioni. E qui la “centralità dell’alunno” è un po’ meno evidente. Povera Sicilia, e povera Italia. La demolizione della funzione educativa, della sua professionalità, prosegue intanto indisturbata; ed ho la sensazione che sempre più si consolidi la fatale saldatura tra i faccendieri della letargia cognitiva che s’incipria d’ogni sorta di progetti e maneggi, in basso, e i profeti del vuoto a perdere politico che li ispirano incoraggiano e vezzeggiano, in alto. Corrispondenza d’amorosi nonsensi. Povera Scuola, stremata da troppo tempo da una cettoqualunquizzazione che sfoggia il suo repertorio di vacuità, e che stende un avaro lembo sulla cultura, sulle speranze. E delle volte mi pare ineluttabile, irreversibile.
Filippo Martorana – Docente – Sicilia

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Lo voglio anche Presidente!


L’abito non fa il monaco. Quante volte abbiamo detto o sentito questa massima? Ed è vero, l’abito NON fa il monaco.

papa-francescoEssere un grande uomo, una grande donna, una Grande Persona non dipende dai vestiti griffati o da quelli talari, né dalla pesantezza del borsellino. Essere un Grande Uomo significa aver trovato il”Vero senso della Vita”. Trovarsi in uno stato in cui si comprende che io non sono altro dal mio vicino di banco, dall’ inquilino della porta accanto.

Trovare il senso della Vita non significa affatto: Io sono superiore all’altro. Questa è solo presunzione, arroganza. Nessuno si trova ad occupare il posto in cui si trova per merito o demerito suo. Ciascuno di noi occupa il posto “giusto per lui” e non per un altro. L’unico tradimento che può fare non è alla Patria, alla moglie, ai figli, agli amici… Il “vero tradimento” è quello che attua contro se stesso, disattendendo al compito che gli è stato assegnato e che deve portare a compimento. Povero lui se dimentica questo e si perde dietro quisquilie, pinzillacchere… piccolezze e bassezze di ogni tipo, da quelle mentali a quella pragmatiche! Come diceva il Maestro: Non è ciò che entra dalla bocca ad essere impuro, a fare male, ma quello che dalla bocca esce.
Ecco, da quando è arrivato il nuovo Ponetefice Romano, Francesco I, non l’ho mai sentito dire parole a vuoto. Stoccate diritte e mirate guardando in faccia gli interlocutori. Questi sono gli “UOMINI”!
Adesso ha confessato di essere stato vittima di tentativi di corruzione, ma: “Ma ho fatto il finto tonto”! Lo Voglio Presidente e non solo Pontefice!!!!!

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Soren Kierkegaard


Volevo scriverti, non per sapere come stai tu, ma per sapere come si sta senza di me. lo non sono mai stato senza di me e quindi non lo so. Vorrei sapere cosa si prova a non avere me che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avermi pronto lì a fare qualsiasi cosa per farti stare bene. Forse si sta meglio, o forse no. Però mi è venuto il dubbio e vorrei anche Soren Kierkegaardsapere se ogni tanto questo dubbio è venuto anche a te. Perché sai, io a volte me lo chiedo come si sta senza di te, poi però preferisco non rispondere che tanto va bene così.

Ho addirittura dimenticato me stesso per poter ricordare te.

Soren Kierkegaard

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L’UOMO CHE PENSA :Paolo Ercolani


Bellissima testimonianza di umiltà ed onestà intellettuale. Gli italiani che non posso fare a meno di ammirare in un Italia che ha bisogno di uomini come questi per riscattarsi dalla sua grettezza e meschinità… Grazie, Paolo Ercolani

Paolo_ErcolaniL’UOMO CHE PENSA

Oggi giornata di esami. Ossia di valutazione, a voler essere professionali, non tanto di un essere umano (compito impossibile), quanto piuttosto di ciò che egli o ella ci racconta delle lezioni che abbiamo svolto e dei libri che abbiamo messo in programma (compito comunque delicato). Proprio per questo, dovendo valutare non la persona ma ciò che essa ha da dire (e come) su un argomento specifico, soprattutto dopo tanti anni si rischia di ignorare totalmente chi si ha di fronte. O meglio, di ignorare che stiamo ascoltando le parole di un essere umano.
Ma oggi è stato diverso. Oggi mi si è presentata una persona che, come da certificazione depositata in segreteria, proveniva da una terribile malattia che le ha lasciato dei deficit evidenti di apprendimento, di memorizzazione di date e nomi e, in generale, di elaborazione cognitiva di quanto studiato.
Non ricordava i nomi dei filosofi (delle date neanche a parlarne, ma quelle non le chiedo mai), faceva una fatica enorme a spiegare i concetti più complessi, mentre quasi del tutto assente era la capacità di comparazione e sintesi critica di teorie differenti e magari contrapposte.
Confesso che mi sono sentito spiazzato! Cosa avevamo da dirci al di fuori del nostro (nostro dei docenti) sommo sapere di Hobbes, Kant, Hegel, Popper? Come potevo interagire con uno studente che non sapeva ricordare i miei amati classici e le loro teorie per di più avendone ampia e legittima giustificazione?
Proprio quando stavo per cadere vittima dello sconforto più paralizzante, però, ecco il barlume, l’imprevisto, la piacevole illuminazione improvvisa di un sentiero che ci eravamo rassegnati a percepire come totalmente buio.
Questa persona all’improvviso mi guarda dritto negli occhi, accenna un sorriso timido ma deciso, e mi dice: “Io non posso saperle le cose che sa lei. Non tanto perché lei è il professore, ma proprio perché io non posso saperle, neanche con tutto l’impegno del mondo. Ma una cosa la so, la ricordo dal suo libro. Ed è questa: “Un uomo che non pensa è come se camminasse nei sogni! Ecco perché le sto raccontando i miei pensieri, per quanto più mi riesce collegati agli argomenti del suo esame!”.
Ecco, io non ricordavo neppure di averla scritta quella frase, e forse non l’ho mai fatto.
Però per un attimo, breve ma intenso, sono riuscito a spogliarmi di tutto il mio piccolo o grande sapere, per ricordarmi che la filosofia è anzitutto capacità di pensare, in maniera onesta, autonoma e originale. Mentre troppo spesso, molti miei colleghi e io stesso, finisce che ci illudiamo di pensare quando in realtà stiamo facendo la chiosa al pensiero di questo o quell’altro grande classico.
Ma c’è un momento, ci deve essere un momento in cui dobbiamo avere il coraggio di raccogliere ed esprimere un nostro pensiero. Perché è proprio in quel momento che smettiamo di essere un numero di matricola, una figura professionale, uno studioso, uno studente o quello che volete voi, per vestire semplicemente e dignitosamente i panni di una “persona”. E l’apparente paradosso, o forse decisamente il bello, è che questo grande insegnamento me lo ha fornito proprio chi, in seguito a una grave malattia, non può fare altro che esserlo, in questo senso, una persona.
Costretta a pensare con la propria testa perché incapace di memorizzare quelle degli altri.
Crudeltà e meraviglia di questo mistero insondabile che per comodità chiamiamo vita…

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Quanta influenza ha avuto lo “yuppismo” sulla vita degli italiani?


top10_1980s_yuppieIl benessere, il consumismo, l’usa e getta ha portato a una trasformazione antropologica della società occidentale, e nello specifico degli italiani dove molto più evidente è la labilità del confine tra la destra e la sinistra. La caduta di Valori Etici e Civili ha portato a candeggiare le bandiere dei partiti a favore di un solo ideale, un solo colore, quello del denaro. Sentimento idolatrato negli anni 70 – 80. Dopo il sanguinoso terrorrismo rosso e nero abbiamo assistito alla nascita dei giovani “Yuppies” a cui i giornali dedicavano pagine e pagine… Tra quei giovani “Yuppies” ad esempio c’era Berlusconi che su Millioner diceva come si diventava ricchi, sottacendo la vena delle condutture fognarie su cui bisognava barcamenarsi… L’esaltazione dello “yuppismo” è, secondo me, la radice della voracità della nostra classe dirigente, sia e/o non sia politica…
Oggi ci troviamo con questi “yuppies”, non più giovani, che ricoprono tre – quattro incarichi presidenziali, tre – quattro incarichi dirigenziali.

Yuppies-1Ecco, quello che bisognerebbe impedire in Italia è che ci sia gente che ha il sedere su tre-quattro poltrone mentre c’è gente che sta a spasso. Non si tratta solo di fare un’equa distribuzione dei salari ma anche degli incarichi e delle cariche. E’ un problema secolare in Italia. Gli onorevoli che fanno i dottori, gli avvocati, i notai, i giornalisti…. I Presidenti di questo, quello e quell’altro… Il gioco più amato dagli italiani, dopo il calcio, è l’asso piglia tutto. Questa è la “meritocrazia” all’italiana, purtroppo… Stai lì per tutelare i “miei” interessi. Io ti pago e tu fai ciò che ti dico. Non è un problema di colore di partito ma di civiltà…

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Non si spezzano le matite!


Matite spezzateOggi è stata pugnalata al cuore la “Libertà di Espressione”. Molte volte mi è capitato di leggere condanne contro i giornalisti  tacciandoli di essere servi di questo o di quel padrone. Molte volte io stessa ho pensato che il codice deontologico della professione impone, o dovrebbe imporre, che nel dare le notizie non bisognerebbe schierarsi con questo o con quello, ritenendo che compito del giornalista è quello di informare, mentre compito del lettore è quello di farsi una propria opinione scevra da condizionamenti psicologici, ma quanto è accaduto oggi, in Francia, è qualcosa che va al di là del giornalismo. NIENTE, nessuna “Giustificazione” può essere addotta per spiegare quello che è stato solo frutto di ignoranti e pazzi esaltati. Che siano “ignoranti” lo dimostra il loro stesso gesto che si ritorce contro quegli stessi principi che loro vogliono difendere. Il loro gesto suscita qualcosa che va oltre la semplice indignazione, oltre lo sdegno e provoca in me la voglia di vomitare lo sterco di una società che ha perso il “Ben dell’Intelletto”. Che allontana sempre più l’uomo dalla sua condizione di “essere superiore” tra gli animali e lo relega nel regno del periodo di Nendhertal. Ma non voglio fare battute, non in un momento in cui la “Satira”, come espressione di denuncia contro i fanatismi, è stata pugnalata da chi, sentendosi in “difetto” ha reagito nella sola maniera che la sua “ignoranza” gli ha dettato: Uccidendo coloro che sono Superiori Intellettualmente.
Ed è tutto il mondo degli intellettuali che dovrebbe, per primo, sollevare le penne e sventolare i fogli oggi, domani e sempre… sempre. Tutte le volte che qualcuno, in modo più o meno esplicito, vuole tappare la bocca alla Libertà di Espressione.
Non si devono spezzare le matite. Nessuno ha il diritto di farlo. E’ vero, ferisce più la penna che la spada ma se non si è all’altezza di usare la stessa arma non ci si arroga il diritto di farsi giustizia spargendo sangue.

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Uccidi la scuola e Uccidi la cultura.


Se-istruzione-e-prevenzione-battono-l-Alzheimer_h_partbAl di là delle ideologie, l’estremismo religioso ha solo un nome, solo un genitore: l’ IGNORANZA. Ecco perché spetta a coloro che lavorano nell’ Istruzione il compito supremo di promuovere sempre la diffusione della Cultura. Di lottare per garantire a TUTTI le stesse nozioni, le stesse conoscenze, promuovendo in TUTTI le medesime competenze. L’Istruzione non è, e non potrà mai essere considerata, un premio o un privilegio per i più bravi e i più benestanti. Tutti devono riceverla proprio col fine di sconfiggere l’Ignoranza e la sua prole: il fanatismo, politico e/o religioso che sia.

Per questo uno Stato Illuminato è quello che promuove e incentiva, investendo, su Cultura ed Istruzione. Solo chi vuole tenere gli uomini schiavi e succubi del Potere fa di tutto per sconfiggere il “Pilastro” della Civiltà. Italiani, state attenti… Meditate. Riflettete bene sul Valore dell’Istruzione. Lottate che non vi venga sottratto questo DIRITTO.
Ogni centesimo lesinato alla scuola è un boccone di pane della conoscenza sottratto ai vostri figli. Ogni taglio, verticale e/o orizzontale, al Sistema Scolastico è un taglio alla mente ed alla pancia della società civile.

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Alla fine siamo un Paese di Destra


paterliniLa vera infamia del decreto (anche senza B.)

Ed oggi il mio post lo lascio alla penna di Piergiorgio Paterlini, che scrive per l’ Espresso:

Quando dico che questo governo è cialtrone e improvvisato ma soprattutto di destra, ha cioè una passione irrefrenabile per i ricchi e per l’ingiustizia, e non per i poveri e non dico per l’uguaglianza ma almeno per un po’ di redistribuzione della ricchezza, so quel che dico, e non c’è niente di ideologico in questa analisi, mentre tanta – anzi solo – ideologia c’è in Matteo Renzi e nei suoi boys (& girls), consiglieri maggiordomi con la schiena perennemente inclinata.

Bisogna capirlo – e spiegalo bene – il famoso decreto fiscale. Perché in quel decreto – proprio al di là di come sia andata, di chi e perché l’abbia scritto e al di là anche di Berlusconi – c’è davvero tutto. Tutto ciò che c’è da sapere e che non si può perdonare a questo governo.

Due casi classici.

Il primo. Sono un cittadino con un miliardo di euro di imponibile. Evado 25 milioni di euro. 25 milioni! Ma fa meno del 3%.

Il secondo. Sono un cittadino con un imponibile di 15mila euro (migliaia di partite Iva hanno questo livello di reddito, anche meno, con una tassazione reale che si aggira attorno al  73% del cosiddetto “lordo”). Evado 500 euro. 500 euro (poco più del 3%).

Ecco. Il secondo evasore, quello povero per essere chiari, quello che evade meno del costo di tre viaggi andata e ritorno Roma-Milano (506 euro sul Frecciarossa), commette un reato – secondo questo governo – infinitamente più grave del primo evasore.

Ora Renzi e il suo staff parlano di 1,5%, 1,8%, 2,%. Ma cosa cambia? Anzi, nella riconferma del principio c’è tutto – ancora una volta – ciò che c’è da sapere. L’ossessione di questo governo non è il lavoro, non sono i giovani, sono – lo ha detto Renzi oggi – “non penalizzare i grandi gruppi industriali”. Evadono milioni? Non vanno perseguiti ma tutelati.

Non si dovrebbe mai evadere e qui non si giustifica nessuno, ma vale la pena ricordare che chi ruba del cibo per fame o una maglia per ripararsi dal freddo può non essere condannato (è successo in questi giorni, due volte a Piacenza, una a Reggio Emilia).

Mi chiedo. Come si può arrivare a tanto? Come e a quale mente può venire un’idea così aberrante? A quale livello di fanatismo si deve arrivare perché nessuno, tra i fedeli, alzi un sopracciglio? Come si può sostenere che sottrarre alle risorse di un Paese 25 milioni di euro da parte di chi non ne ha certo bisogno sia infinitamente meno grave che “nascondere” 500 euro da parte di un morto di fame? Renzi potrà anche parlare di errore e ritirare il decreto, ma questa enormità – “strutturale”, mentale, ideologica – non potrà né negarla né correggerla. Mai. Marchia e marchierà per sempre lui e il suo governo, insieme al jobs act, all’inedito disprezzo per la Cgil (non priva di colpe ed errori, per carità, ma il rispetto è un’altra cosa) e a tutte le altre magnifiche e progressive “riforme”.

Cito Gianluigi Pellegrino su Repubblica: “La norma, prima ancora di ogni finalità sospetta, è del tutto indifendibile nel merito. Un autentico sgorbio grave quanto odioso. Stabiliva espressamente che un ricco che froda al fisco milioni di euro se ne esce con una semplice sanzione amministrativa. Mentre per uguale o minore evasione un cittadino comune deve essere punito severamente con la galera. Una norma che contraddiceva gli obiettivi indicati più volte da Renzi: punire i grandi evasori senza per questo mostrare ai cittadini un fisco nemico. Qui si faceva l’esatto contrario. Il furto del ricco dovrebbe al più essere un’aggravante”.

Se questo governo riuscirà a non essere ricordato come uno dei più odiosi e antipopolari della storia repubblicana sarà soltanto perché siamo da sempre – incrollabilmente, statisticamente, elettoralmente – un Paese di destra.

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