
Partendo da questa riflessione della amica/collega Evelina Chiocca in un gruppo di Facebook, ne è nata una mia riflessione.
Evelina scrive:
– “Come docente specializzata per il sostegno mi sto sempre più convincendo che, per promuovere e favorire l’integrazione scolastica, sia indispensabile passare su posto comune.
Non tanto per sfatare l’idea che serpeggia sempre più che “trasferirsi su posto comune significa ‘tradire’ il sostegno o averlo utilizzato come ‘scorciatoia’ per l’assunzione in ruolo”, lascio questi pensieri a coloro che hanno bisogno di giustificare e motivare qualcosa che, fra l’altro, è normato (e quindi del tutto legale). Richiamo, anche se non mi legge ma so che gli sarà riferito (e più volte mi sono confrontata con lui su questo argomento), Nocera Salvatore. Lunghi e accesi dibattiti e confronti, condivisioni e chiacchierate hanno avuto questo e altri argomenti con un’unica attenzione: promuovere l’integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità.
Personalmente (per esperienza diretta e per testimonianze raccolte negli anni) mi rendo conto che un docente specializzato per il sostegno e incaricato su posto comune (o disciplinare) offre maggiori opportunità e competenze alla classe e che, di fatto, contribuisce meglio a promuovere l’integrazione scolastica.
Moltissime colleghi e colleghi specializzati per il sostegno trasferitisi su posto comune oppure assunti direttamente su posto comune offrono alla scuola italiana un validissimo apporto all’integrazione, sicuramente con una marcia in più rispetto ad altri docenti.
Ecco il perchè di una forma “mista” nell’attribuzione dei posti potrebbe rivelarsi strategicamente valida!
E questa la mia riflessione:
-” Interessante riflessione Evelina Chiocca. Tu sai quanto io amavo il “posto sul sostegno”, così come amo adesso il posto sulla “comune”. In linea generale devo darti ragione. Come docente “della classe” sembra che io abbia assunto un ruolo predominante rispetto alla docente che fa sostegno nella classe e la cosa mi crea una specie di “allergia” e di disagio. Mi trovo a guardare ogni singolo alunno con occhi diversi da molte colleghe che non hanno mai fatto sostegno, è vero. Non so se questo sia dovuto alla mia “formazione”, al mio trascorso sul sostegno… 12 anni sono sempre un ragionevole numero, o se dipende dall’età… ma l’idea che nessun alunno debba rimanere indietro e che tutti possono superare le difficoltà è un pensiero che mi porto dentro.
Fermo restando che penso che, per determinate patologie, la figura del docente di sostegno sia oltre che necessaria indispensabile nella classe. Io ho vissuto l’anno scorso una situazione pazzesca e solo l’aiuto della collega e la mia pregressa esperienza, e competenza sul sostegno, mi ha aiutato a portare avanti una classe di 23 alunni con due extracomunitari (i genitori) e una bambina a cui quest’anno è stato dato il sostegno col rapporto 1 a 2… Alla fine dell’anno ero esausta e tornavo a casa davvero a brandelli per l’energia che dovevo profondere nel seguire tutti. Credo che il post di Evelina voglia semplicemente dire ciò che ho rimarcato anche io: una docente della classe deve avere anche competenze sul sostegno, oggi più che mai in cui sempre più numerosi sono gli alunni che vivono situazione di disagio ambientale e relazionale.
E’ tutto il sistema “formativo” dei docenti che va rivisto, prima di mettere mano a qualunque riforma sull’ assunzione del personale insegnante, secondo il mio modesto parere…”
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