
Che futuro per il nostro Paese?

Ciò che abbiamo son solo le parole. Le cose esistono in quanto noi le nominiamo:
“STAT ROSA PRISTINA NOMINE, NOMINA NUDA TENEMUS” [U. Eco, Il nome della rosa]
Noi possediamo solo nudi nomi.
La parola è magia, mistero, eppure è la sola realtà. Anzi, è la prima realtà:
« In principio era il Verbo (Lόgos),
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. »
(Vangelo di Giovanni, versi 1-3)
proprio perché “ In principio erat Verbum” è sacrilego farne un uso improprio.
E’ sacrilegio usarla a sproposito. I fisici ci hanno insegnato che nella natura tutto è vibrazione e che sono le vibrazioni che attraggono o respingono le particelle che danno vita ai corpi.
La Parola, come principio delle cose, vibra nei piani sottili della materia e le sue vibrazioni generano ciò che noi evochiamo. Chi usa la parola a sproposito è simile a colui che miete il terreno, se miete zizzania come può sperare di raccogliere frutti commestibili per la sua sopravvivenza? Eppure l’uomo si diverte ad usare la parola come il prestigiatore e si inventa nomi nuovi pur non sapendo quale “risonanze” questi nomi possono avere sulla vita reale.
Riflettevo su questi stamane e mi sono venuti in mente tutti gli “ismi”… Gli ismi sono deleteri e sono il marciume di questa nostra società. Sono deleteri e costituiscono il marcio del pensiero in quanto generici, indefiniti, dicono tanto e non contengono nulla. L’uomo razionale dovrebbe evitarli come la peste… e ripensando agli “ismi”, stamane mi è venuto in mente Lui, Luigi Capuana, che proprio sugli “ismi” ha scritto un saggio.
“E questo appunto è il male: il non avere più illusioni di sorta, in politica, in arte, in ognicosa, se pure si debbono chiamare illusioni le aspirazioni all’ideale.[..] fede ci vuole! Fiducia in noi stessi ci vuole! Ti ripeto a questo proposito quel che ho letto tempo fa non ricordo dove, nè da chi scritto; ma le parole mi son rimaste impresse nella memoria perchè corrispondevano esattamente a un sentimento mio. Quelle parole dicevano, press’a poco: – Come? Un popolo che ha confuso la sua storia con quella del mondo e che – dopo aver dato alla Civiltà il Diritto romano, la Divina Commedia, la Commedia dell’arte, Raffaello, Michelangelo, il da Palestrina, il Vigo – oppresso, deriso, umiliato, trova in sè tanta forza da ridiventare nazione, compire il più prodigioso atto del secolo XIX, l’abolizione del temporale dei papi, e far convivere nella stessa città il Pontefice del mondo cattolico e il Re degli italiani; come? questo popolo che resiste alla cattiva fortuna, agli errori e alle inesperienze della sua vita politica, sarebbe dunque un’effimera apparizione nella storia contemporanea, senza una ragione, senza uno scopo? Non è possibile. Verrà di nuovo l’ora sua. E di nuovo, nell’avvenire (vicino o lontano, che importa?) quel che di civile, di santo e di pio avranno il vecchio e il nuovo mondo sarà soltantitaliano, come una volta fu romano. Questa dovrà essere la nostra coscienza, il nostro ideale! -“[Gli “ismi” contemporanei di Luigi Capuana]
Una mail, appena arrivatami dalla Pennsylvania, mi ha spinto a cercare un mio post sul web che si riferiva al bisnonno di uno zio “acquisito” nella cui casa ho trascorso parte della mia vita fino all’adolescenza.. e adesso, con tanta ma tanta commozione, mi ritrovo a “contemplare” una delle tante foto che campeggiavano nel salotto “buono”. Foto dove era raffigurato il padre di mio zio con alle spalle il Principe di Monaco ed in un’altra mentre si stringono le mani dopo la premiazione. Insieme alla foto ho trovato una piccola biografia di quest’uomo che ammiravo senza conoscerlo, ma solo per ciò che di lui si raccontava: Don Gaetano Interdonato Longo.
Don Gaetano Interdonato Longo (1865-1931) – Figlio del colonnello garibaldino Giovanni Interdonato e di Teresa Longo, ricoprì la carica di Sindaco del comune di Nizza di Sicilia. Fu campione mondiale di tiro al piccione al Grand Prix di Montecarlo nel 1926, colpendo 14 piccioni su 14 e superando 170 concorrenti provenienti da tutto il mondo, tra cui il messinese D’Amico e il francese Honoré Gujot. La cronaca ce lo presenta così: “Il suo aspetto atletico ispira il senso e il fascino della forza e attrae alla sua simpatia”. Al suo fascino non resistette per esempio una spettatrice del Grand Prix, che al settimo piccione lasciò la tribuna per avvicinarlo e offrirgli un mazzo di rose come si usava fare ai vincitori. Al 14° piccione quella signora andò ad abbracciarlo piangendo di commozione. La città di Montecarlo gli eresse un busto a ricordo della sua vittoria. La passione per lo sport lo portò spesso fuori di Nizza e fu la causa della sua sconfitta alle elezioni amministrative del 1914. Per lo stesso motivo perse anche le elezioni provinciali contro l’avvocato Salvatore Isaja, e ciò ispirò una bellissima poesia dialettale al poeta nizzardo Giovanni Micalizzi.
Che dire, quando una parte della tua vita (che ti sei gettata alle spalle tanti e tanti anni fa e che credevi fosse morta e seppellita) torna all’improvviso spalancandoti la porta, riportandoti alla mente scenari semi-dimenticati, ti tramortisce e ti lascia davvero senza fiato e forse anche tanto rammarico misto a nostalgia e, in quest’ora notturna, mi chiedo: E se fossi rimasta lì, tra quelle robuste mura?
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