A cavallo tra il XVI e il XVII un grande pensatore che risponde al nome di Galileo Galilei, astronomo, matematico, fisico e filosofo, ideò il “Metodo sperimentale” che si basa su quattro fasi:
1. Formulo un’ipotesi;
2. Procedo con gli esperimenti;
3. Verifico i risultati;
4. Formulo la legge o l’enunciato scientifico.
Solo così si giunge ad avere una verità oggettiva, affidabile, verificabile, condivisibile.
Oggi ho l’impressione che si proceda in senso contrario. Formulo teorie e li calo, tout court, nelle menti degli ascoltatori. Siamo diventati tutti abili oratori, tutti bravi a dare consigli ed a criticare quello che gli altri “fanno” dimenticando che la conoscenza parte dalla pratica e poi si fa teoria. Così è in tutti i campi della vita ma l’abbiamo dimenticato forse perché ci fa comodo stare seduti a parlare… parlare… parlare invece di agire, agire, agire…
Nè ci rendiamo conto che ogni nostra azione ha una ripercussione sul vissuto in base a fattori contingenti che inficiano la validità dell’azione stessa, primo fra tutti il fattore :umano e la sua imprevedibilità di comportamento davanti alle situazioni.
Forse, è davvero il caso il divulgare meglio il pensiero logico, George Boole, che sta alla base anche del pensiero computazionale.
Nessuno ha la verità in tasca per salvare il mondo dalle sue crisi socio-economiche perché nessun bravo professore, con i suoi mille titoli accademici, ha avuto mai l’umiltà di usare nelle sue arringhe, nei suoi seminari, nelle sue lezioni, nei suoi libri, gli avverbi “se, altrimenti, oppure” nella loro “funzione” logica che si esprime nell’algoritmo: Fai questa azione se….., altrimenti…, oppure…
Loro si limitano a dire la mia idea è quella giusta e la tua è sbagliata, e lì a discutere per ore ed ore fra congetture e seghe mentali.
Mi sa che dovremmo tornare tutti a scuola a re-imparare a pensare.
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