Ho alcuni amici dirigenti, persone meravigliose che, prima di ricoprire il ruolo che occupano, sono stati docenti. A loro va tutta la mia stima e l’orgoglio di essere ancora miei amici. Quello che sto per dire non intende in alcun modo colpire loro che con la loro professionalità e competenza servono al funzionamento del sistema scolastico, ma il sistema politico statale. In parole povere il MIUR, in primis.
Prendo spunto da un video, pubblicato da “Your Edu Action”, per ribadire un concetto semplice, banale ma completamente ignorato sia dai governi che dal popolo: La “Buona Scuola” la fa il docente che ogni giorno entra in classe e si prende la responsabilità di educare, istruire, formare, aiutare nella crescita fisica e psichica, o corporeo-intellettiva, centinaia, migliaia di bambini, ragazzi, giovani, in tutto il mondo.
La “buona scuola”, non la fanno i dirigenti, semplici esecutori di ordini burocratici che calano dall’alto impartite da persone che nella scuola non ci hanno mai messo piede. Che non hanno mai asciugato nasi gocciolanti, tamponato gengive sanguinanti, consolato, rincuorato, incoraggiato, spronato bambini spaventati, arrabbiati, rinunciatari. Bambini che davanti alle difficoltà del tracciare un segno più o meno bene, davanti alla traccia di un tema di cui non comprendono il senso, davanti alla defaillance mnemonica assumono ognuno un loro atteggiamento personale che va dall’imbarazzo, in quanto viene percepito come “vergogna”, al rifiuto di continuare a lavorare. E noi siamo lì, accanto a loro, ci sediamo al loro fianco, o camminiamo tra i banchi, sempre con lo sguardo attento per correggere, consigliare, sollecitare, spronare…
Quante sono le azioni che compiamo ogni giorno e su cui non ci soffermiamo! Azioni che diamo per scontate perché afferiscono al nostro compito. Al nostro dovere. Alla nostra professionalità.
Noi abbiamo in mano il futuro dei figli degli altri che ci vengono affidati.
Noi possiamo decretare il loro successo o il loro insuccesso futuro.
Noi determiniamo, a priori, il corpus della società del domani.
Noi formiamo i futuri dirigenti e/o i futuri netturbini.
Noi aumentiamo e/o azzeriamo l’autostima degli alunni.
Noi insegnamo loro a combattere e a non arrendersi davanti alle difficoltà e sempre noi determiniamo i futuri analfabeti e lo facciamo ogni giorno, quando entriamo in classe.
Noi diamo dimostrazione di quanto coraggio ci vuole, di quanta pazienza e perseveranza dobbiamo riempire la nostra borsa, che la gente vede vuota mentre è piena di responsabilità, di dubbi, di incertezze. Noi che ci interroghiamo ogni giorno se quello che stiamo facendo, quello che stiamo dicendo va fatto e/o va detto.
Noi che, nonostante sappiamo quanto brutto, schifoso, marcio sia il mondo fuori dalla nostra aula, insegnamo loro a credere in un mondo migliore. Gli insegnamo a conoscere, amare, i valori propugnati dalla nostra Carta Costituzionale. Cerchiamo di non dire loro di come un pugno di ladri la distrugge e la calpesta ogni giorno. Insegnamo loro che la relazione tra i popoli si realizza in un perfetto spirito di Rispetto, Libertà e Democrazia .
Loro sono lì, uccelli nel nido in attesa del cibo. Noi, docenti, sfamiamo la loro mente, liberiamo le loro conoscenze dagli stereotipi che la società gli inculca. Noi insegnamo loro a pensare, riflettere, ponderare le informazioni che gli diamo. Noi gli chiediamo di “metterci” in discussione, convinti come siamo che la Verità non è prerogativa di nessuno. Nè di un capo religioso, né di un capo politico, nè di un capo burocrate. Insegnamo loro che se vogliono Conoscere la Verità non devono mai smettere di pensare, di chiedere, di interrogarsi di… studiare.
Vi sembra poco? Davvero siete convinti che gli insegnanti non servano, non producano Pil, non facciano nulla e che stanno a spasso tre mesi all’anno? Davvero siete convinti che gli stipendi da fame che percepiamo siano il giusto valore a ciò che facciamo?
Davvero pensate che abbiamo bisogno di un dirigente che ci dica come insegnare a Giovanni che ha i genitori divorziati e che se lo contendono come fosse un oggetto? O a Laura che ha paura anche della sua ombra? O a Simona che esige sempre il massimo da se stessa? O a Giorgio che non riesce a stare fermo sulla sedia? E Marco che continua a stuzzicare i compagni perché non ha ancora capito che ci sta a fare a scuola? O Teresa che preferisce guardare fuori dalla finestra mentre il compagno usa penne e matite per inscenare una immaginaria battaglia con cannoni e mitragliatrici (il tutto accompagnato da suoni onomatopeici)? E che dire di quella bimba che dà in scatti incadescenti con gesti autolesionistici? E poi accorgerci che Sibilla scrive con la faccia sul quaderno e dirle di farsi portare dall’oculista per un controllo, mentre Ludovica ha frequenti mal di testa, forse è colpa della luce o è troppo distante per copiare dalla lavagna e magari sforza troppo la vista? E Antonio con i suoi continui mal d’orecchi, Luigi con il mal di gola, Stefano col mal di pancia? E Federica che ti chiede continuamente quando si va in mensa o quando si fa merenda perché la mattina, svegliatasi tardi non ha fatto colazione? E che dire di Giuseppe che persevera nella disgrafia nonostante i diversi approcci metodologici? E facciamo tutto questo tra un esercizio di analisi grammaticale, consolidamento ortografico e regole matematiche. Mentre con loro andiamo indietro nel tempo ad incontrare popoli di altre nazioni, sorvoliamo i cieli per vedere le montagne, discutiamo di scienze naturali, di arte, di principi matematici e spieghiamo loro di come l’universo sia regolato dai numeri e di come questi numeri vengono convertiti da una invenzione moderna “l’informatica” e trasformati in sistemi binari e da questi in spazi che si chiamano bit, e che loro possono essere in grado di dare un senso a questi bit…
Per non parlare poi delle pubblic relation con i genitori: quelli apprensivi, quelli che ne sanno più di te, quelli che pretendono che il proprio figlio riceva un occhio di riguardo in più rispetto agli altri. Quelli che non accettano un sufficiente perché quel sufficiente valuta loro e non il lavoro del figlio e se sommiamo a questi episodi di una classe con 23-25 bambini le nostre presenze in due,tre, quattro classi vedremo che si raddoppiano, si triplicano, si quadruplicano. E poi… e poi i rapporti coi colleghi, con il personale di segreteria, con il dirigente e i vicari… Dobbiamo rendere conto a tutti e di tutto perché, alla fine, siamo pure considerati cretini.
Davvero signori siete convinti che NOI docenti non facciamo nulla e che per questo dobbiamo subire l’umiliazione di uno stipendio da fame? Davvero siete convinti che noi siamo dei “privilegiati” solo perché a fine mese abbiamo una busta paga in cui lo Stato ci decurta più di un terzo del nostro stipendio, e siamo gli unici che non abbiamo possibilità di evadere le tasse in quanto le paghiamo prima di ricevere lo stipendio?
Rivendico a voce alta il riconoscimento della dignità professionale del Docente, motore della società.
Rivendico a gran voce uno stipendio adeguato alle nostre responsabilità che vanno ben oltre la burocrazia e sono di gran lunga superiori a quelli di qualsiasi dirigente o politic… ante, perché NOI DOCENTI SIAMO “LA BUONA SCUOLA” e formiamo i futuri cittadini di questa società!
Non cerchiamo “gratificazioni”, quelle le riceviamo ogni giorno dai nostri alunni. Cerchiamo solo che venga riconosciuto il giusto valore, il giusto merito, il posto che gli spetta di diritto, alla nostra professione.