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Tra lamenti e torment… e


imagesChi mi conosce bene sa che per mia natura non sono un tipo che si “piange addosso”. Nonostante la vita non sia stata per nulla tenera con me, fin dalla mia nascita, ho sempre pensato che ci fosse chi stava peggio di me. Chi avesse problemi più grossi dei miei. Non so se è stata la vita ad insegnarmelo o se sia stata “condizionata” in questa mia strutturazione della personalità dall’ambiente che mi circondava e mi circonda. Di certo c’è che, spesso e volentieri, mi sono ritrovata ad essere “insofferente” a certi lamenti, a certi piagnistei, e non per mancanza di empatia ma proprio perché il ragionamento che faccio per me lo trasferisco anche agli altri. Oggi però nell’apprendere delle ultime scosse telluriche, degli infiniti crolli ad Amatrice, che vanno a incrementare i disagi di quella popolazione, non posso che provare una fitta al cuore. Già il freddo di questi giorni mi ha fatto andare con la mente a chi si trova a vivere nelle roulotte, nei container, tra le raffiche di neve e le ondate di gelo; così come a tutti quegli immigrati che, nonostante tutto e tutti, si accalcano sulle nostre spiagge, congelati e assiderati, quando hanno resistito alla Morte, e allora mi dico che si, loro hanno tutto il diritto di lamentarsi e questa volta la lettura dei “Lamenti di Giobbe” non mi aiuta a ritrovare la serenità per loro. Cerco di immaginarmi nei loro panni e mi dico che no, non riesco ad entrarci. Troppo grandi per me.

“Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!” [dal Lamento di Giobbe]

Mi viene in mente un vecchio detto ripreso dagli studi per un mio esame universitario: Storia delle Tradizioni popolari, che diceva: “U cani muzzica sempri ‘u strazzatu”. [Il cane morde sempre lo strappato, il poveraccio]:
Così è, la cultura popolare ha sempre avuto la vista lunga.

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L’era dei dinosauri


dinosauri2Ieri in Confindustria spiegavo che non sono le innovazioni tecnologiche che non funzionano, sono invece troppo spesso coloro che selezionano i candidati che non funzionano. Se non sono in grado di selezionare i profili con le competenze necessarie ad implementare il cambiamento, come potete pensare che le nuove soluzioni che andate ad inserire possano mai funzionare? Formate i reparti delle risorse umane affinché siano in grado di assumere i giusti candidati, troppo spesso quando si tratta delle nuove professioni non sanno neanche di cosa parlano. E lo si vede chiaramente anche solo da come sono scritti i testi delle “posizioni aperte” #MECSPE40 (Silvia Vianello – Bocconi Professor-Marketing Consultant-Speaker-Author, su Linkedin)
e un altro utente, Ivan Peretti (CEO at Teracom srl), aggiungeva:
L’era dei Dinosauri! Lavorare potrebbe essere cosa facile e divertente, ma invece no, c’è il CAPO di turno e chi non vale niente.
1. Scendete dal piedistallo
2. Ricordatevi la vostra posizione ricoperta, certamente meritevole, ma non dimenticate COME ci siete arrivati
3. Date opportunità non necessariamente sulla carta ma sulla volontà, una persona volenterosa si propone senza pretendere
4. Utilizzate un metodo di indagine social, anche la finanza lo fa! 😉
 
Ecco, questo è quello a cui bisognerebbe “formare” la classe dirigente, sia pubblica che privata, se vogliamo salvare il nostro Paese dalla mediocrità di una pulciosa meritocrazia.