“Un sistema scolastico che perde per strada il 15% dei suoi utenti dovrebbe essere immediatamente sottoposto alla lente di ingrandimento, interrogarsi sulla sua qualità e sulla sua produttività che qualunque esperto di economia assumerebbe come metro per misurarne efficienza e convenienza.”
Fermo restando che io sono dell’idea che bisognerebbe riportare “la bocciatura” alla scuola primaria, bocciatura non intesa nel senso del lasciare per strada qualcuno dei miei alunni, la qual cosa tozzerebbe, striderebbe con il mio pensiero pedagogico che risente molto della pedagogia montessoriana e della scuola di Barbiana, ma riporterei la bocciatura in quegli “ambienti” in cui non esiste l’amore per la cultura. In quella fascia di popolazione, dove più alto è il numero dei concepimenti, in cui l’analfabetismo non è solo funzionale ma “costituzionale”. In questi ambienti vige il pensiero del lassaiz faire, del tira a campare. Un ambiente in cui l’ignoranza culturale si coniuga con l’ignoranza etica e qui, nel contesto dove io opero, costituisce una larghissima fetta. La cosa peggiore è che questo pensiero per “traslazione” ricade su tutto l’ambiente scolastico, da questo scaturisce l’inerzia, l’apatia, la politica del: “Chi se ne frega, se vuole studiare studia… non sono problemi miei”.
Io penso invece che un bambino che rimane indietro, un alunno che si perde per strada o che cambia strada, sia il frutto di una risposta inadeguata del sistema tutto: scolastico e sociale.
E’ vero, spetta alla scuola dare risposte che siano motivanti e accattivanti per tutti ma se dall’altra parte c’è una famiglia che reputa più importante un concorso canoro, una partita di calcio o una lezione di danza (questo lo status symbol di chi vive nei quartieri degradati dei nostri centri urbani, purtroppo) allora nessun intervento metodologico-educativo-didattico può fare miracoli.
Detto questo, concordo su quanto dice il professor Fioravanti Giovanni (QUI il suo articolo), non è questo il problema che oggi tocco con mano, dove una scuola perde iscrizioni, e quindi docenti, in numero davvero vergognoso, ed è la prima volta che accade in oltre trent’anni di attività, ed allora concordo: “Un sistema scolastico che perde per strada il 15% dei suoi utenti dovrebbe essere immediatamente sottoposto alla lente di ingrandimento, interrogarsi sulla sua qualità e sulla sua produttività che qualunque esperto di economia assumerebbe come metro per misurarne efficienza e convenienza.”
Perché se le famiglie hanno dirottato altrove le iscrizioni significa che hanno valutato l’efficienza e la convenienza inadeguati, inappropriati.