Pubblicato in: Dalla parte dei bambini, Di tutto un po', La Scuola vista da me

Connessioni storiche


saramago-1Chi mi segue da anni ricorderà che qualche volta ho contestato il programma nazionale riguardo la “Storia”.

Ho anche detto che se avessi avuto una “mia” scuola non avrei tenuto in alcun conto le Indicazioni Nazionali ma avrei proceduto a narrare la storia ai bambini partendo dai fatti più vicini a loro per poi continuare ad andare a ritroso nel tempo.

Certo i dinosauri piacciono ai bambini ma difficilmente potranno sviluppare metaconoscenze partendo da un mondo distante anni luce dal loro vissuto.

La “narrazione storica” è quella che più di tutti non tiene in alcun conto tutte le teorie della psicologia dell’età evolutiva… Si chiamano i nonni a raccontare la vita di quando loro erano ragazzi e poi si catapulta i bambini a milioni di distanza…
Adesso, per puro caso(?), mi imbatto in José Saramago e scopro che anche lui ha detto qualcosa di simile:
-“Penso che per gli studenti sarebbe molto meglio partire dalla contemporaneità. Si rimane sempre indietro di un secolo, nella scuola si vive come dentro una specie di capsula senza collegamento con il tempo presente, mancano i nessi.”-

Se la storia è conoscere i fatti per comprendere il presente, difficile capire che se siamo a questo punto è perché ci sono stati i dinosauri. Se le azioni sono il risultato di causa ed effetto non posso dire ai bambini che la migrazione è causata perché l’uomo si è evoluto grazie ai pollici opponibili (solo per fare un esempio).

Si parte dal vissuto del bambino, dal suo mondo, da ciò che gli gira attorno.

A 6 anni il bambino comincia a “esplorare” il mondo fuori casa e iniziando a recidere il cordone ombelicale. Non lo si può catapultare in un mondo distante milioni di anni. Io dico ai miei alunni di seguire i tg,di iniziare a capire cosa accade nel mondo. Di leggere i giornali… come connetterli con i dinosauri? Poi arriva il 27 gennaio e si parla loro del “Giorno della memoria”… poi del giorno delle foibe… non c’è nessun nesso..

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Lavoro offresi…


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Assegno di disoccupazione: lo stipendio preferito degli italiani


indennita-disoccupazioneLa migliore occupazione degli italiani? Stare sui social a lamentarsi…: -“Ci sono 1 milione di posti di lavoro disponibili, ma agli italiani mancano voglia e competenze. A fronte di circa 3 milioni di disoccupati ufficiali, al momento in Italia ci sono 1.007.835 di posti disponibili. E non sono nemmeno tutti, perché la ricerca fatta considera solo le proposte pubblicate sui siti aziendali, non per esempio quelle sponsorizzate dalle agenzie interinali.
Va detto che buona parte di queste occupazioni arriva dal Nord e dal Centro, mentre al Sud le opportunità scarseggiano.
La sostanza però non cambia: il lavoro in Italia ci sarebbe ma per guadagnarselo bisogna avere le competenze richieste, oltre che la voglia.
Ecco allora l’utilità delle politiche attive, ufficialmente in vigore da ormai un anno e mezzo sulla falsariga di quanto avviato 12 anni fa in Germania che per dare un taglio ai sussidi a pioggia decise di creare un patto tra lo Stato e il disoccupato. Patto che suona più o meno così: se vuoi l’aiuto economico, caro cittadino, devi venire al centro per l’impiego, seguire i corsi che ti proponiamo, accettare le offerte in linea con le tue caratteristiche. Altrimenti l’assegno te lo puoi scordare.
Purtroppo sono troppe le persone che alle offerte di lavoro rispondono: grazie non mi interessa tanto ho la disoccupazione!”(parola di Maria Teresa De Rienzo-Responsabile del Personale | Social Media Recruiter)

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Nemesi storica*


Nemesis2 y Zeus

C’è chi lo chiama karma, chi parla di Nemesi storica, che poi è la stessa cosa, ma in senso Universale… #Rassegnatevi

Miramar

O Miramare, a le tue bianche torri
attediate per lo ciel piovorno
fosche con volo di sinistri augelli
vengon le nubi.
Miramare, contro i tuoi graniti
grige dal torvo pelago salendo
con un rimbrotto d’anime crucciose
battono l’onde.
Meste ne l’ombra de le nubi a’ golfi
stanno guardando le città turrite,
Muggia e Pirano ed Egida e Parenzo,
gemme del mare;
e tutte il mare spinge le mugghianti
collere a questo bastion di scogli
onde t’affacci a le due viste d’Adria,
rocca d’Absburgo;
e tona il cielo a Nabresina lungo
la ferrugigna costa, e di baleni
Trieste in fondo coronata il capo
leva tra’ nembi.
Deh come tutto sorridea quel dolce
mattin d’aprile, quando usciva il biondo
imperatore, con la bella donna,
a navigare!
A lui dal volto placida raggiava
la maschia possa de l’impero: l’occhio
de la sua donna cerulo e superbo
iva su ‘l mare.
Addio, castello pe’ felici giorni
nido d’amore costruito in vano!
Altra su gli ermi oceani rapisce
aura gli sposi.
Lascian le sale con accesa speme
istoriate di trionfi e incise
di sapienza. Dante e Goethe al sire
parlano in vano
da le animose tavole: una sfinge
l’attrae con vista mobile su l’onde:
ei cede, e lascia aperto a mezzo il libro
del romanziero.
Oh non d’amore e d’avventura il canto
fia che l’accolga e suono di chitarre
là ne la Spagna de gli Aztechi! Quale
lunga su l’aure
vien da la trista punta di Salvore
nenia tra ‘l roco piangere de’ flutti ?
Cantano i morti veneti o le vecchie
fate istriane ?
— Ahi! mal tu sali sopra il mare nostro
figlio d’Absburgo, la fatal Novara.
Teco l’Erinni sale oscura e al vento
apre la vela.
Vedi la sfinge tramutar sembiante
a te d’avanti perfida arretrando!
il viso bianco di Giovanna pazza
contro tua moglie.
È il teschio mozzo contro te ghignante
d’Antonietta. Con i putridi occhi
in te fermati è l’irta faccia gialla
di Montezuma.
Tra boschi immani d’agavi non mai
mobili ad aura di benigno vento,
sta ne la sua piramide, vampante
livide fiamme
per la tenebra tropicale, il dio
Huitzilopotli, che il tuo sangue fiuta,
e navigando il pelago co ‘l guardo
ulula — Vieni.
Quant’è che aspetto! La ferocia bianca
strussemi il regno ed i miei templi infranse:
vieni, devota vittima, o nepote
di Carlo quinto.
Non io gl’infami avoli tuoi di tabe
marcenti o arsi di regal furore;
te io voleva, io colgo te, rinato
fiore d’Absburgo;
e a la grand’alma di Guatimozino
regnante sotto il padiglion del sole
ti mando inferia, o puro, o forte, o bello
Massimiliano. — (Giosuè Carducci)

L’origine della locuzione è da ricollegarsi alla Nemesi della mitologia greca, delegata dagli dei a ristabilire il giusto equilibrio punendo la hýbris, l’arroganza dell’uomo che crede di poter travalicare certi limiti. Si tratta dunque di un richiamo strumentale ad un concetto storico-analitico proprio della cultura della Grecia antica, per come riflesso in molte delle opere pervenuteci. (font*

Nella retorica, la locuzione nemesi storica è utilizzata quando una serie di eventi storici, considerati negativi, si conclude con risultati compensatori inattesi.

Nel caso, ad esempio, di una serie di eventi i cui protagonisti si siano condotti in modo considerato riprovevole, è detta “nemesi storica” una eventuale conclusione di quegli eventi tale che i soggetti considerati negativamente (prevaricatori, grassatori, ecc.) ne patiscano – a causa del Fato o per il successo di volontà contrarie – uno svantaggio che appaia consolatorio o compensatorio e che possa suscitare una sorta di vendicativa soddisfazione: si sostiene, in breve, che la storia (o il Fato) abbia compiuto una vendetta in nome di chi abbia patito scorrettezze. Nell’uso politico della retorica, l’espressione è stata frequentemente evocata in ambiti dialettici prossimi, se non contigui, al cosiddetto giustizialismo.

La campagna di Russia, ad esempio, è definita la nemesi storica di Napoleone, e cioè ciò che frenò la sua arroganza e il suo desiderio di onnipotenza, rivelando i suoi errori e i suoi limiti di uomo.

Carducci e la nemesi degli Asburgo

Secondo un’interpretazione risorgimentale, diffusa principalmente da Carducci con l’ode Miramare, la casata degli Asburgo, imperatori d’Austria, sarebbe stata punita dalla storia e dal Fato per l’oppressione e le numerose uccisioni dei patrioti italiani del Lombardo-Veneto, nonché di quelli ungheresi[1][2]. La locuzione, nell’accezione corrente, fa riferimento, in particolare, alle varie sventure familiari e politiche della famiglia di Francesco Giuseppe I:

 

Pubblicato in: Di tutto un po', Riflessioni personali, Società e Costume, Un pò del mio Diario

In attesa della Pietra Filosofale


JosephWright-AlchemistMolti anni fa, mentre mi recavo al lavoro alla guida di un’Alfa Romeo (modello Alfa 33, corretta dal consorte 🙂 ) accadde che all’improvviso si spense il motore. Ero sulla terza corsia a destra e andavo a una certa velocità, l’ora e l’autostrada me lo consentivano… Non so a quanti di voi sia mai accaduto di ritrovarsi sulla terza corsia, coi tir che ti sfrecciano sulla sinistra e non avere più il controllo del mezzo. Niente frecce segnaletiche, nessun controllo sui freni… non vi racconto il tumulto neuronale della mia mente. Dovevo accostare per avere modo di bloccare la macchina in un’area di sosta che non scorgevo. La responsabilità di poter causare un incidente provocando danni a qualche automobilista ignaro, la preoccupazione di non tagliare la strada a un tir o altro camion unita alla preoccupazione che il motore si fermasse mentre ero ancora in terza corsia… Insomma due cose andarono bene in quel momento: mi trovavo a percorrere un tratto in discesa, l’area di sosta la intravvidi a 500 m e di sicuro qualche mano lassù fece il resto…
Perché vi racconto questo? Per dirvi in modo molto terra terra che io non mi affido al 100% a nessuna cosa che l’uomo inventa o sperimenta. Tutto ciò che sfugge al “mio” controllo lo accetto solo con le… pinze perché penso che la perfezione è ancora ben lungi dall’essere raggiunta, almeno nella nostra era… Spero solo che l’uomo continui a cercarla… Alla fine è la famosa “Pietra filosofale” che si insegue ma che ancora è irrangiungibile..

Lion_Sun_Moon
Chissà quante generazioni ancora dovranno passare…

Pubblicato in: Di tutto un po', Riflessioni personali, Società e Costume, Tra il serio e il faceto

Il cervello questo (s)conosciuto


161_kromanoncyPer caso l’uomo scoprì il fuoco…
Non aveva una laurea in ingegneria quando inventò la ruota, nè conosceva l’importanza che avrebbe avuto la traccia dei segni sull’argilla per contare i sacchi delle merci o il valore dei geroglifici nelle caverne, prime forme d’arte, a dimostrazione di quanto sia intrinseco nell’uomo il bisogno di rappresentare ciò che lo circonda e dargli un senso attraverso il segno grafico.

Non aveva studiato botanica e nemmeno zoologia quando diede inizio all’agricoltura e all’allevamento, né possedeva strumenti che gli consentissero di misurare la distanza degli astri quando iniziò a dare loro un nome.

E’ stato un caso che Newton abbia approfondito i suoi studi dopo aver visto cadere una mela?

Quali studi di economia aveva intrapreso Creso, re della Lidia, quando coniò la prima moneta? Sapeva cosa ne sarebbe scaturito?

Quanta eredità abbiamo ricevuto dal passato quando l’uomo non sapeva ancora né leggere e nemmeno scrivere?

Quanto è stato importante l’intuito e quanto la ragione nell’evoluzione dell’umanità?

Per me ambedue camminano a braccetto, uno non esclude l’altro ed il metro del loro corretto uso sta nel buon senso…

In medio stat virtus…


Non c’è niente più affascinante della capacità che ha l’uomo di usare il suo cervello.

Pubblicato in: Così per scrivere..., Di tutto un po', Riflessioni personali, Società e Costume

Luce, colori e ombra


20461785-Multiculturali-Puzzle-persone-si-tengono-per-mano-in-tutto-il-mondo-la-versione-di-colore-isolati-Archivio-FotograficoStamane il “Nonno”, Tizianagaetanomaria Visconti, ha scritto una cosa bellissima in cui parla di coloro che hanno “il cielo diviso e sistemato”. In senso lato li invidio. Vorrei avere le loro granitiche certezze mentre mi dibatto in un guazzabuglio di pensieri in mezzo a una umanità persa, confusa, un amalgama di disomogeneità in cui diventa difficile anche individuare i colori: la vita non è altro che una sfumatura del bianco col nero, risultato di tutti i colori mescolati tra loro. I colori sono magnifici, la natura ce ne regala a profusione eppure chi conosce il loro segreto? Chi studia la materia lo sa benissimo: i colori che noi vediamo in realtà non sono altro che il risultato di una esclusione del colore che l’occhio umano vede. Per le persone comuni sono caratteristiche intrinseche degli oggetti: ci sembra del tutto scontato e naturale che i colori siano una caratteristica delle cose stesse. Prendiamo in mano un bel pomodoro rosso e difficilmente ci sfiorerà l’idea che il
colore rosso non sia un ingrediente del pomodoro, così come lo sono la polpa e i semi, eppure se ti trovi ad affermarlo in un dibattito come minimo diranno che sei un ignorante o una pazza. Invidio coloro che riescono a fare le liste: bianco e nero; bello e brutto; buono e cattivo; ricco e povero; onesto e disonesto; avaro e generoso; egoista e altruista; delinquente e galantuomo… Convinti così di fare chiarezza e ovviamente loro si mettono sempre dal lato del… buono. Mi viene in mente la frase di Brecht: Mi sedetti dalla parte del torto dal momento che tutti gli altri posti erano occupati.[#AngeliKaMente riflettendo]