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Pane e marmellata o pane e olio?


Fette-biscottate-e-marmellata-500x444Chi ha esperito la vittoria dopo la fatica conosce quanto sia duro il cammino, la lotta, per uscire dal tunnel in cui la vita l’ha cacciato.

Ci sono tantissimi bambini che per motivi più o meno riconosciuti e certificati dalla “scienza medica” sono cresciuti, e crescono, come “figli di un dio minore”.

Ci sono mamme che hanno trascorso, e trascorrono, notte insonni nel tormento e nell’angoscia chiedendosi come fare per aiutarli. Quelle lacrime notturne, quelle angosce, sono quelle che danno la forza di alzarsi al mattino e dedicarsi a loro. E non ci sono tempi, non ci sono pause durante il giorno, che giustifichino il “non-intervento” che gli consenta di superare le loro disabilità. Perché la disabilità la si supera, anche se non la si elimina, e la si supera quotidianamente a costo di fatica, di rinunce, di sacrifici.

Nessuno può comprendere la difficoltà, il lavoro che questi bambini compiono per non essere identificati e catalogati con il loro deficit (sensoriale, motorio o psichico). Nessuno pensa di mandarli in vacanza… mai. Per loro ogni giorno, ogni istante, è scuola ed ogni giorno può avere il suo momento di “vacanza”. Ma non è la vacanza al mare o in montagna… E’ la vacanza dal dolore in un attimo di “gioia”. Quella gioia pura che ogni mamma prova davanti al più piccolo progresso verso l’autonomia del proprio figlio, della propria figlia.

Quando poi, da adulti, riescono a camminare con le proprie gambe, a realizzare da soli il loro futuro, allora ti complimenti con te stessa per la forza, la tenacia, la caparbietà con cui hai affrontato tutto e tutti. La società scolastica in primis.

Pensando a queste mamme-coraggio, a questi figli a cui la vita ha negato la gioia di vivere una fanciullezza piena io mi indigno, e continuerò ad indignarmi, contro il movimento messo su da Parodi e dai suoi seguaci che vogliono crescere figli bamboccioni. Che pensano che “regalando” loro più ore di ozio ne fanno figli sani e istruiti. L’istruzione non è un optional e non la si ottiene come se fosse una spalmata di marmellata sulla fetta biscottata.

L’istruzione è fatica mentale in primis e poi…fisica.

Non dico che i bambini, i ragazzi, debbano stare incollati alla sedia dieci ore al giorno, come fanno nei Paesi asiatici… ma nemmeno si può pretendere di mandarli 5 ore a scuola e poi oziare, bighellonare per il resto delle 19 ore! Specialmente quando questo bighellonare lo si fa davanti al computer, alla play station o alla Tv.
Nel libro dell’ Ecclesiaste (Qoelet) si dice che c’è un tempo per ogni cosa e per ogni azione. Ma il tempo non è altro che una categoria del pensiero razionale, una forma-idea, così come lo spazio. Tutto è relativo in questo mondo. La stessa percezione che abbiamo del tempo svanisce e si perde davanti all’infinità dell’Universo e lo vedranno i nostri pro-pro-nipoti – se il progresso scientifico non verrà interrotto per un Apocalypse now – quando si potranno teletrasportare nello spazio in un nano secondo… ma per farlo devono “studiare”, applicarsi con tanto di olio di gomito.

Dedicata a mio figlio Daniele

[#AngeliKamente pensiero pedagogico]

 

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E’ suonata la campanella


campanella

Quando non comprendi cosa ha fatto bere, la collega del turno antimeridiano, durante la merenda agli alunni.

Oggi, dopo che se ne è andata via è suonata la campanella per la mensa e uno fa:

-“Maestra è suonata la campanella!”… dopo di lui un’altra voce:

-“Maestra è suonata la campanella!”… e quindi una terza: -“Maestra è suonata la campanella!”…

Li guardo interdetta, smetto di spiegare e inizio a chiedere a ognuno:

-“Cosa è successo?”- E ciascuno di loro mi rispondeva:

-“E’ suonata la campanella!”…

Ero arrivata a chiederlo per la 15 volta quando si alza D. e fa: -“Maestra, devo dirti una cosa seria e importante!”…

Allora cerco di frenare l’ilarità della classe invitando tutti al silenzio per ascoltare il compagno mentre gli chiedo: -“Dobbiamo prepararci i fazzoletti per piangere?”

Bum… un altro scoppio di risate…

-“No, no” – mi fa -“Ma è una cosa seria e importante!”

Reinvito tutti al silenzio e D. dice:

-“Maestra è suonata la campanella!”

#ariadiprimaveraascuola#alunnieuforici

della serie #quandosuonalacampanella e loro non vedono l’ora di alzarsi dal banco…

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Con-dividere


our-associatesOggi molti pensano che se condividi qualcosa lo fai solo per metterti in mostra. Siamo talmente malati di narcisismo e di protagonismo che quando vediamo che altri mettono a disposizione, condividendo, il proprio lavoro, le proprie conoscenze (non competenze…ma co-no-scen-ze) lo facciano solo per mettersi in mostra. E’ proprio vero che giudichiamo gli altri col nostro metro personale. Il Maestro Antonio Caruso, in arte Nino Caruso (Tripoli, 19 aprile 1928 – Roma, 19 gennaio 2017), ceramista, scultore e designer italiano, sottolineava nel suo libro “Decorazione ceramica”, ed. Hoepli-Torino, proprio l’ incapacità degli italiani di condividere le proprie scoperte… il proprio sapere. E’ vero, siamo gretti e meschini questa è la prima rovina del Paese, insieme all’ignoranza, l’analfabetismo funzionale. Lui, infatti, diceva che in America la decorazione della ceramica si era sviluppata grazie alla condivisione. Condivisione che nel mondo anglo-sassone è la prassi mentre in Italia uno muore e si porta i suoi “segreti” del mestiere nella tomba.
Io amo condividere con gli altri, amo mettere al servizio degli altri quelle piccole cose che faccio. E’ nella mia natura e come me lo fanno moltissimi altri docenti perché è nella condivisione dei contenuti, nel confronto delle idee, che la società evolve. Che la Cultura riceve lo slancio necessario per farsi linfa creativa ed evolutiva. Invece ci sono molti che sono talmente avari, talmente meschini, che preferiscono “rubartele” le idee piuttosto che darti la soddisfazione di dirti “Grazie”…
Beninteso che a me non interesse nemmeno sentirmi dire grazie. Io sono felice, appagata, quando so di essere utile agli altri. Nulla è più gratificante di questo per me.
Dai amore, metti amore in tutto quello che fai… Questo è il motto della mia vita. Non importa la ricompensa del mondo, per questo le grandi Menti… i Maestri non hanno mai voluto ricompense. La ricompensa più grande non sta nell’avere ma nel donare. Provate a “donare” e vedrete come il vostro cuore si riempirà di gioia… Altro che la sospirata felicità che tutti bramano! La vera gioia è “il Dono”…

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[cit.] Condividere – con-di-vì-de-re (io con-di vì-do)

Sign. Possedere insieme; partecipare insieme; offrire del proprio ad altri
Composto da con e dividere, a sua volta, incertamente, dal latino: dis separazione e videre vedere. Vedere separato.

Al di là della condivisione del bagno fra coinquilini, il condividere si svela una galassia complessa.

La condivisione può essere la partecipazione comune ad un progetto, una tensione d’insieme, un essere d’accordo, un’esperienza che affratella ed è vissuta a un tempo da più punti di vista diversi – e perciò più ricca, fertile di discernimento, di emozione comunicante.

Oggi questa parola surfa sulla cresta dell’onda grazie ai social network, in cui indica l’azione del pubblicare, del comunicare, del portare alla conoscenza dei propri amici un pensiero, un testo, una canzone, un video, un sito: meno intima ma più concreta, questa accezione potenzia il canale di una formazione culturale collettiva, in cui il condiviso è proposta, semina di informazione, mattone comune – canale fondamentale in ogni rapporto umano, condivisione che porta a condivisioni sempre più profonde.

Come quando conosci qualcuno, gli regali un libro, lui poi te ne dà un altro, poi discutete su qualcosa, e via e via passa il tempo, e prima che possiate rendervene conto siete diventati fratelli con ideologie rigogliose e progetti brillanti, su una strada vostra e pura che è davvero condivisa. E mica male, questo condividere.

«La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire si moltiplica e diventa più grande». [Hans-Georg Gadamer]