Pubblicato in: Notizie e politica, Organizzazioni, Riflessioni personali, Società e Costume

In un Paese che funziona…


 

default-italiaStamane ho avuto la prova tangibile di quanto male possa fare la demagogia. Qualcuno mi ha postato un “articolo” a firma di un certo Paolo Barticchia, che non so chi sia, ma che solo a leggerlo mi ha fatto salire il sangue alla testa. Questo signore scrive che:
È una caratteristica dei sinistri accusare gli altri dei peggiori difetti marchiati a fuoco nel LORO DNA! È per questo che accusano gli altri di essere partigiani, ladri, analfabeti funzionali, demagoghi, fascisti, razzisti, e così via!

Gli Analfabeti Sociali della Sinistra

Il PD pensa che uno dei problemi dell’Italia sia “l’analfabetismo funzionale”.
Un analfabeta funzionale ha difficoltà a comprendere il significato di un testo, di un articolo, di un ragionamento articolato.
Purtroppo per il PD, essere analfabeti funzionali non significa essere incapaci di comprendere la realtà.
Una città dove le attività commerciali languono o chiudono non richiede l’intelligenza funzionale per essere compresa.
Il problema non è l’analfabeta funzionale che non sa leggere le statistiche (taroccate) del Governo sulla ripresa economica, ma la classe politica che pensa che imbellettare le cifre possa modificare la realtà.
Un Paese stipato di persone senza né arte né parte, senza condivisione culturale, senza occupazione se non irregolare quando non illecita, capaci di portare al degrado intere aree, non necessita di un’alta funzione intellettuale per essere valutato.
Per la puzza di piscio, per i roghi abusivi, per le macellazioni per strada, basta avere il naso.
Per vedere le baraccopoli, gli abusivi, lo spaccio davanti a tutti, la prostituzione ad ogni angolo, i gruppi di nullafacenti fermi ai bar, basta avere gli occhi.
Il PD pretendeva di confutare la realtà sensoriale con le affermazioni di principio, meglio se provenienti da personaggi alti e ieratici, rialzati dalla loro granitica superiorità etica.
E così per la giustizia a singhiozzo, per la pubblica amministrazione folle, per l’Europa indifferente, per la realtà internazionale vissuta a senso unico, per mille altri argomenti sviluppati nel modo da distanziarsi quanto più possibile dal comun sentire.
La sinistra ha un problema con la realtà e questo problema è diventato evidente col problema dei migranti.
Fintantoché si discuteva di teorie economiche, di spesa pubblica, di norme giuridiche ispirate a questo o a quel principio, si finiva sempre in una situazione complessa e di non facile interpretazione per cui si poteva sempre trovare un punto che consentisse di darsi ragione.
Ma coi migranti gli effetti delle menzogne sono diventati evidenti, diffusi, riconosciuti da tutti.
L’ideologia ha avuto torto, ma il sinistrorso non può permettersi di mettere in dubbio una sua ideologia, finirebbe col dover dubitare di tutte.
E allora, non potendosi permettere di cambiare le sue idee bacate, la sinistra vorrebbe cambiare gli elettori, gli analfabeti funzionali, insomma.
Che dopo essersi sentiti descrivere come deficienti, dovrebbero farsi fare un lavaggio del cervello da quelli che sanno, e poi, gioiosamente, tornare a votare a sinistra.
Io analfabeta funzionale.
Tutti voi, analfabeti sociali.

All’amico che mi ha postato tante insulsaggini in cui le parole “sinistra e immigrazione” fanno un binomio da lavaggio del cervello per decerebrati ho risposto:

“AGLI  ANALFABETI  SOCIALI  DELLA  DESTRA”

Carissimo Aldo mai vista tanta retorica.

Qui nessuno nega niente.

Digli a questo Paolo Bardicchia che invece di fare tanta demagogia che si scagliasse contro il governo affinché si desse una mossa e risvegliasse gli italiani dalla contemplazione delle loro miserie.

Che l’italiano “analfabeta funzionale” la smettesse di frignare e si rimboccasse le maniche, muovesse il sedere e si desse da fare senza aspettare la manna dal cielo.

L’italiano medio, analfabeta funzionale, nulla facente e che vive con l’assegno di disoccupazione o con il REI, la smettesse di girarsi i pollici, si inventasse un lavoro, si mettesse a pulire i cessi pubblici che insozza e a costruire case lì dove ci sono le baraccopoli. Che coprisse le buche nelle strade così le ragazze non ci finiscono dentro e non vanno al creatore.

In un Paese con una politica che funziona e con personale che lavora non è civile che bisogna aspettare un anno per farsi un esame del sangue.

In un Paese che funziona i tetti delle scuole non cadono sulle teste degli studenti o i banchi sulle loro gambe.

In un Paese che funziona i genitori e gli alunni rispettano gli insegnanti e non li mandano in ospedale.

In un Paese che funziona i figli non massacrano i genitori per avere i soldi per comprarsi la droga.

In un Paese che funziona la Mafia e il malaffare sarebbero stati sconfitti da un pezzo se chi ha  il dovere di contrastarli non facesse affari con loro (vedi ‘ndrangheta e Lega al nord e tutto l’apparato pubblico e privato)

In un Paese che funziona gli autobus e i treni arrivano puntuali. I dipendenti non timbrano il cartellino e se ne vanno a fare la spesa.

In un Paese che funziona non ci sono evasori.

In un Paese che funziona il popolo conosce il senso civico e ne rispetta le leggi senza aspettare il reddito di cittadinanza.

In un Paese che funziona ed è civile si accolgono gli stranieri e li si rifocilla per poi consentire loro di riprendere il cammino e non li si tiene come bestie dentro locali fatiscenti, stipati a 5-6-11 in baracche o in alberghi che ne possono contenere solo due.

In un Paese che funziona la burocrazia è celere e non fa aspettare questa gente due anni per decidere se deve dargli il permesso di soggiorno o il foglio di via…

In un Paese che funziona i bambini girano liberamente per strada senza la paura di incappare in qualche pedofilo, per strada o in casa.

In un Paese che funziona si circola liberamente senza preoccuparsi che un signore elegante, italiano, ti apra lo sportello della macchina, ci si infila dentro e ti ruba la borsetta.

In un Paese che funziona non ci sono le tasse che continuano ad aumentare, il debito pubblico che continua a salire, la disoccupazione e la povertà della popolazione al massimo storico.

In un Paese che funziona lo Stato, i suoi governanti potrebbero creare posti di lavoro investendo in energie alternative, nell’edilizia, buttando giù case vecchie e costruendone di nuove.


In un Paese che funziona lo Stato avrebbe a cuore l’Ambiente e creerebbe posti di lavoro nell’agricoltura, per incentivarne la produzione.


In un Paese che funziona ci si preoccuperebbe della pulizia di fiumi, laghi, coste e mare per aprirlo al turismo d’elite e non.

In un Paese che funziona le industrie non bypassano la legge per infossare i rifiuti tossici nelle campagne.


In un Paese che funziona lo Stato si preoccuperebbe di creare occupazione investendo in settori nevralgici che il mercato globale richiede: Tecnologia e Ricerca scientifica.

In un Paese che funziona sai quanti posti di lavoro si creerebbero e non solo per gli italiani ma anche per gli immigrati?

Ma di cosa stai parlando? Solo gli analfabeti funzionali, e i tipi come Salvini (ma lui è giustificato perché mira al Potere Assoluto), possono pensare che il problema di un Paese siano gli immigrati… e chi ha scritto questo articolo ne è la dimostrazione lampante!

Una volta si andava in chiesa e tutti si sentivano trascinati dall’onda emotiva scatenata dalle preghiere e dai canti collettivi, sarebbe meglio rifrequentare le parrocchie per riacquistare un po’ di “serenità psichica” invece di stare sui social e riempirsi la testa di c@@@@@e..

 

Fammi un favore, adesso prendi questa mia risposta e valla a incollare nella bacheca di questo “signor sconosciuto” analfabeta mentale.

 

 

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“Noi non siamo cristiani”


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– Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli –. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla piú che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto piú profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiú il suo senso del tempo che si muove, né la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male, della moralità e della redenzione. Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell’eternità. Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.[Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli]

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Democrazia moribonda


lutto

Mi imbatto in questo commiato di Alessandro Barbano, la sua pacatezza nel congedarsi dai lettori de “Il mattino” mi ha catturato.

Ecco, forse è questo che si è perso in Italia: la pacatezza espressiva. Al sarcasmo e all’ironia si contrappone l’insulto e la demagogia populista.

Riporto le sue parole e mi piacerebbe che risuonassero nelle orecchie di almeno il 50% dei miei contatti… e che questo 50% si fermasse un attimo. Leggesse e rileggesse quanto Barbano dice tra le righe e dentro le parole.

Mi piacerebbe che almeno il 50% di chi è tra i miei contatti andasse oltre il segno grafico e ne percepisse il contenuto intrinseco. Se non accade, allora è giunta l’ora di listare il braccio e i portoni delle case a lutto perché avere al Ministero degli Interni uno che ha l’appoggio della Le Pen, come qualcuno ha scritto su Twitter, è un insulto alla Costituzione ed ai Padri Costituenti. E’ un riuccidere coloro che per darci la Democrazia sono morti:

“Durante questo periodo la crisi del Paese è andata sempre più coincidendo con la crisi del suo racconto. E cioè con l’imporsi di una retorica che ha svuotato di senso le parole su cui si fonda il patto civile tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni. Con l’effetto di indebolire la delega del sapere e del potere, annullare la valenza simbolica dell’autorità, azzerare le forme della democrazia, instaurando nel discorso pubblico un analfabetismo che ci fa vedere l’Italia peggiore di quanto sia nella realtà. Così sfuma ogni differenza tra le élite e la casta, tra il compromesso e l’inciucio, tra le prerogative quirinalizie e i veti eterodiretti. Allo stesso modo è possibile dichiarare l’impeachment del capo dello Stato e il giorno dopo recarsi al Colle per un colloquio privato, senza che ciò abbia alcuna conseguenza apparente sulla qualità delle relazioni istituzionali. Ciò vuol dire che più le parole sono forti, meno valgono.

A una babele di parole irrilevanti è ridotta la politica. La tattica detta i tempi e occupa gli spazi di una dialettica pubblica caduta in un’impasse permanente, senza esiti né direzione. La tattica ci consegna dopo tre mesi di trattative un governo che lega in un contratto due radicalismi, ma ci consegna anche l’urgenza di una pedagogia civile capace di rieducare la società. È in questo momento che si sente la mancanza di un pensiero moderato, in grado di persuadere i cittadini, con la stessa efficacia del populismo, che la democrazia non è solo utile e necessaria, ma è anche bella, con tutte le sue imperfezioni.”