Mese: gennaio 2019
Io me la cavo, a modo mio
Quest’anno mi sono trovata, mio malgrado, a dover lavorare in una scuola da “Io speriamo che me la cavo”. Nulla da eccepire per una che, come me, considera la sua professione alla stregua di una missione… La cosa che mi indigna è che pur avendo a disposizione i mezzi per realizzare una didattica innovativa che vada oltre i banchi e la cattedra, ti tocca vedere una stanza adibita a materiale di scarico, dove, ammassati senza alcuna cura trovi computer nuovi (con installato window 10), scrivanie addossate una sull’altra e … aspetti.
Aspetti che venga un addetto, inviato dai “piani alti”, a sistemare l’aula di informatica. Poi, ti svegli e decidi che sei stanca di aspettare e che anche questi bambini hanno gli stessi diritti di bambini più “fortunati”.
Allora ti rimbocchi le maniche, chiedi aiuto a due colleghe volenterose e….voilà, oggi ho fatto la gioia dei miei alunni, e per festeggiare: Tutti a giocare col pc…
Scriveva Andrea Canevaro che è la società che crea l’handicap quando non mette il disablle in condizioni tali per poter interagire col mondo, la cosa più grave è quando questo lo fa la Scuola Pubblica, quella scuola che, come denunciava Don Milani, cura i sani e respinge gli ammalati.
Spigolando nel campo pedagogico
Maria Montessori, forse, entra troppo poco nelle nostre scuole.
Ristudiando mi rendo conto, con meraviglia, di quanto il mio modo di fare e di intendere l’insegnamento sia contaminato dal suo pensiero, non solo, prendo coscienza di quanto i vari pedagogisti, educatori, insegnanti siano stati importanti nel mio percorso professionale.
Alla fine ciascuno di loro, condividendo esperienze e pensieri, mi hanno aiutato, e mi aiutano, a restare con i riflettori puntati sul bambino e non su di me.
Il focus è la sua mano, la sua mente, la SUA libertà che va sempre rispettata.
Non possiamo esigere rispetto se non siamo i primi a rispettare i bambini. Questa non è una verità nata oggi, ma la si trova già anche nel Vangelo. Quanto potremmo imparare ed autocorreggerci, così come insegnava Montessori e Rodari, se solo ci impegnassimo a leggere di più, a riflettere di più su ciò che leggiamo!
Maestri il Mondo ne ha avuti tanti, Maestri che non avevano bisogno della ribalta per splendere di luce propria e non riflessa.
Maestri che hanno tenuto alta la fiaccola sul moggio, ma gli uomini camminano a testa bassa e vivono in quella zona fatta di ombre scambiandole per l’unica e sola realtà…
GLI EMIGRANTI (E. De Amicis 1882)
Cogli occhi spenti, con lo guancie cave,
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.
E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.
Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.
Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta,
Intento in atto di stupor profondo,
Come sopra una festa
Fisserebbe lo sguardo un moribondo.
Ammonticchiati là come giumenti
Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.
Traditi da un mercante menzognero,
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.
Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.
Vanno coi figli come un gran tesoro
Celando in petto una moneta d’oro,
Frutto segreto d’infiniti stonti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.
Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora
Il suol che li rifiuta amano ancora;
L’amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.
E li han nel core in quei solenni istanti
I bei clivi di allegre acque sonanti,
E le chiesette candide, e i pacati
Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati!
E ognuno forse sprigionando un grido,
Se lo potesse, tornerebbe al lido;
Tornerebbe a morir sopra i nativi
Monti, nel triste nido
Dove piangono i suoi vecchi malvivi.
Addio, poveri vecchi! In men d’un anno
Rosi dalla miseria e dall’affanno,
Forse morrete là senza compianto,
E i figli nol sapranno,
E andrete ignudi e soli al camposanto.
Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora
Dai muti clivi che il tramonto indora
La man levate i figli a benedire….
Benediteli ancora:
Tutti vanno a soffrir, molti a morire.
Ecco il naviglio maestoso e lento
Salpa, Genova gira, alita il vento.
Sul vago lido si distende un velo,
E il drappello sgomento
Solleva un grido desolato al cielo.
Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell’involto suo china la faccia,
Chi versando un’amara onda dagli occhi
La sua compagna abbraccia,
Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.
E il naviglio s’affretta, e il giorno muore,
E un suon di pianti e d’urli di dolore
Vagamente confuso al suon dell’onda
Viene a morir nel core
De la folla che guarda da la sponda.
Addio, fratelli! Addio, turba dolente!
Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente,
V’allieti il sole il misero viaggio;
Addio, povera gente,
Datevi pace e fatevi coraggio.
Stringete il nodo dei fraterni affetti.
Riparate dal freddo i fanciulletti ,
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane,
Sfidate uniti e stretti
L’imperversar de le sciagure umane.
E Iddio vi faccia rivarcar quei mari,
E tornare ai villaggi umili e cari,
E ritrovare ancor de le deserte
Case sui limitari
I vostri vecchi con le braccia aperte.
[http://www.risorgimentofirenze.it/gli-emigranti-poesia-di-edomndo-de-amicis/]
Io, speriamo che me la cavo

Beati i costruttori di Pace
(Matteo 5, 9)
La Pace è un processo interiore e poi esteriore.
Non si può cambiare il Mondo se non impariamo a guardare dentro noi stessi e a fare pulizia nel nostro cervello.
Non avremo Pace fino a che proietteremo negli altri le nostre paure, le nostre frustrazioni, le nostre angosce, le nostre miserie, il nostro mal di vivere.
Non avremo Pace fino a che ci ostiniamo a negare i Diritti Umani.
Non avremo Pace fino a che non impareremo a tendere la mano.
Impariamo a tenere la mano sul cuore quando salutiamo, solo così potremo ricordarci che la vera comunicazione con gli altri è l’Amore e non l’ egoismo della Ragione.
Auguro a tutti noi di iniziare il nuovo anno facendo pulizia dentro la “propria casa”.
Di spalancare porte e finestre per fare entrare il Sole.
Quel Sole Invictus che molti si ricordano di “risvegliare” solo a Natale per poi metterlo a dormire negli altri 364 giorni dell’anno. Buon anno ai “Costruttori di Pace”.
Buon Anno agli uomini di “Buona Volontà”…
Buon anno a chi comprende il “Vero Senso” della Vita e delle Cose.
Buon anno a chi guardando negliocchi degli altri rivede i suoi stessi occhi.
Buon anno a tutti voi che fate parte della mia “schiera” di amici, anche se vi vedo solo nel giorno del mio compleanno.
Grazie, se resistete ancora alla mia logorroica presenza social.
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