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Guerra e Pace


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Hanno inventato il rispetto per nascondere il posto vuoto dove dev’esserci l’amore.(Lev Tolstoj)

Oggi è la Domenica delle Palme*, nella cultura cattolica dovrebbe (e il condizionale è d’obbligo visto che i primi a non conoscere questa parola siamo quelli che ci definiamo “cristiani”) essere il giorno della Pace e del Perdono per prepararsi ad accogliere, con l’animo trasformato da queste grandi virtù, la Resurrezione e la Vita vera.
Ma l’uomo è troppo arrogante e presuntuoso per avere l’umiltà di porgere l’altra guancia.
I venti di guerra che spirano da ogni parte del mondo, in questa domenica di preparazione alla Pasqua, non promettono nulla di buono; ma noi non cesseremo mai di confidare nel ravvedimento, nella luce della ragione che, al di là della fede nell’Amore, illumini la mente di questi pazzi criminali. Rischiari la mente di chiunque incita all’odio e alla violenza. Forse, è arrivato il momento di iniziare a costruire una nuova Arca in cui far salire tutti gli uomini di “buona volontà” e con questa salpare in attesa che i pazzi si siano annientati fra di loro.

“Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, quindi non si può combattere il male con il male.” (Lev Tolstoj)

*Il significato della palma si associa non solo al martirio ed alla resurrezione ma anche 85191c33-ddf9-4db2-a18b-d31a3dfef87b-original.jpegalla vittoria, all’ascesa, alla iniziazione e all’immortalità e guardando all’alchimia non posso fare a meno di pensare che il mondo in questo momento stia nella fase della “combustione”, deve bruciare (martirio) tutte le sue impurità interiori per purificarsi (resurrezione) prima dell’ultimo passaggio che, nella cultura alchemica, è rappresentato  dall’uovo: simbolo della vita eterna.  E’ la sintesi finale della Grande Opera, “Tutto è compiuto” e  l’ uomo “nuovo”  raggiunge l’immortalità.

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La Grande Invocazione


an_mandalaTrovandomi a parlare con un carissimo amico mi è tornata alla mente qualcosa che i molti accadimenti, nella mia vita e nel mondo, mi avevano fatto quasi dimenticare: La Grande Invocazione.
E’ tempo che il figliol prodigo torni all’ovile, che il pastore riporti la pecora smarrita nel gregge.
La terzina della Grande Invocazione parla chiaro, anche se per qualcuno può risultare ermetica mentre ai cinici ed agli atei sembreranno vaneggiamenti bigotti:
“Dal centro che vien detto il genere umano
Si svolga il Piano di Amore e di Luce
E possa sbarrare la porta dietro cui il male risiede”.
La “porta dietro cui il male risiede” è tenuta aperta dall’umanità con i suoi desideri egoistici, i suoi odi e il suo separatismo, dalla sua avidità e dalle sue barriere razziali e nazionali, dalle sue ambizioni personali e dal suo amore per il potere e la crudeltà. Con l’affluire della buona volontà e della luce nelle menti e nei cuori degli uomini, queste cattive qualità e queste energie indirizzate che mantengono aperta la porta del male faranno posto al desiderio di giusti rapporti umani, alla determinazione di creare un mondo migliore e più pacifico e all’espressione mondiale della volontà di bene. Mentre queste qualità sostituiscono quelle vecchie e indesiderabili, simbolicamente la porta dove il male risiede si chiuderà lentamente grazie al peso dell’opinione pubblica e al semplice peso del giusto desiderio umano. Nulla potrà arrestarlo.
Prima lo capiremo e, di sicuro, prima cesserà la violenza nel mondo, così come conclude la Grande Invocazione:
“Che Luce, Amore e Potere ristabiliscano il Piano sulla Terra.”
Mai come in questo momento l’Umanità ha bisogno di ritrovare l’Amore…

Riporto qui tutta la preghiera, per chi vuole unirsi a quell’esercito silenzioso che coopera all’attuazione del Piano e che fa della preghiera non una richiesta personale ma mondiale:

Dal punto di Luce entro la Mente di Dio
Affluisca luce nelle menti degli uomini.
Scenda Luce sulla Terra.

Dal punto di Amore entro il Cuore di Dio
Affluisca amore nei cuori degli uomini.
Possa Cristo tornare sulla Terra.

Dal centro ove il Volere di Dio è conosciuto
Il proposito guidi i piccoli voleri degli uomini;
Il proposito che i Maestri conoscono e servono.

Dal centro che vien detto il genere umano
Si svolga il Piano di Amore e di Luce.
E possa sbarrare la porta dietro cui il male risiede.

Che Luce, Amore e Potere ristabiliscano il Piano sulla Terra.

Il 21 Maggio 2016 ci sarà la giornata della Grande Invocazione.
Qui trovate maggiori notizie al riguardo

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Cum dividere la Via Crucis


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Dipinto di Orazio Gentileschi (Papà di Artemisia Gentileschi) “Salita al Calvario”, 1606-1607 ca – Kunsthistorisches Museum di Vienna

Credo che nessuno di noi sia esente dalla sua croce, ognuno di noi ha le sue pene, piccole o grandi che siano, sembrano inevitabili. Il problema vero è, non tanto la croce che dobbiamo portare, quanto la presunzione di farla portare agli altri. Comodo deresponsabilizzarci, liberatorio dire “è colpa tua”, e non ci rendiamo conto che in questo modo eleviamo barriere tra noi e gli altri.

Costruiamo muri sempre più spessi, mettiamo sbarre alle finestre e spranghiamo le porte e non ci avvediamo che così facendo diventiamo più vulnerabili, più facilmente attaccabili. Alle soglie del terzo millennio non so se ha fatto più danni la religione, che ha passato spesso e volentieri messaggi sbagliati o che sono stati fraintesi, o gli atei, gli agnostici, i cinici.
Il Venerdì di Passione ha per me un significato profondo, un significato che va oltre il semplice rito della celebrazione della Via Crucis… mi piacerebbe che ognuno di noi si incamminasse sulla sua strada della croce personale prendendo coscienza che isolarsi dagli altri non fa che gravare il peso della sua croce. Unirsi agli altri, in un rapporto empatico, implica la condivisione, cum dividere, non è la condivisione di uno stato o di un’immagine, share in inglese, sui social ma ha un significato molto più profondo. In matematica significa “ripartire una quantità in un numero definito di parti uguali” mentre nella religione cristiana, nel testo biblico, troviamo: Così dice il Signore: “Non consiste forse (il digiuno che voglio) nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i suoi parenti? »(Libro di Isaia 58,7, testo CEI 2008)
In questo momento in occidente, nell’occidente che fino a qualche anno fa si definiva opulento, molti animi sono esacerbati, nutrono odio per gente che fugge da guerre e carestia, hanno paura che gli tolga il pane dalla bocca e non si rende conto, l’occidente, il tronfio occidente, che non è vittima ma causa del problema.
Allora, oggi fermatevi un attimo, osservate e meditate sulla vostra croce e spero che alla fine di questa meditazione abbiate il coraggio di prenderla e di caricarvela sulle spalle, così come ha fatto il Maestro, che si è caricato non solo la sua croce ma le croci dell’umanità tutta. Lui aveva capito che non esistono i singoli problemi, non esistono persone diverse, tutti hanno la loro croce, pesante se viene portata da sola, leggere se la si porta insieme. La croce degli uomini si chiama “Umanità”. Non si viene nel mondo in vacanza ma per studiare, allora impegnatevi a fare bene i compiti.
Buon Venerdì di Passione, passione che ci vuole per affrontare la nostra misera condizione umana…
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Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris…


1024px-Clusone_Trionfo_della_morte_dettaglioMemento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris…
Riflettevo poco fa sull’arroganza e sulla supponenza di tutte quelle persone che, avendo raggiunto posti di prestigio, di potere, si dimenticano spesso da dove sono partiti.
Ecco, si può essere più o meno cattolici. Si può credere o non credere ad una vita oltre la morte. Si possono contestare, cosa che a volte faccio io stessa, alcune manifestazioni “esteriori” della Fede, resta un constatazione certa che, quelle parole, pronunciate il “Mercoledì delle ceneri” dal sacerdote mentre ti cosparge la cenere sul capo ci riportano tutti, credenti o non credenti, alla dura realtà della nostra esistenza:
“Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris”.
Chino il capo, colmo di profonda umiltà nel riflettere che alla fine di tutto resterà solo “polvere su polvere”… e in queste ore che precedono il sonno mi tornano alla mente le tante esortazioni del Qoelet e pure Totò con la sua poesia “A livella”, e mi chiedo quanti di noi riflettono sulla fine di una esistenza che può essere ricca e piena di onori o miserevole ed indegna ma che comunque è destinata a diventare solo “cenere”.
Non so, forse dieci anni di vita collegiale, trascorsi più sui libri della biblioteca delle suore che su quelli scolastici, mi ha portato a sentire “a fior di pelle” gli avvenimenti ciclici del calendario. Un po’ come il segugio allenato a fiutare la preda (che si sa che i segugi sono animali più da “pelo” che da “penne”) io avverto nell’aria quel sentore particolare che mi spinge ad entrare in sintonia con l’anima mundi (cattolica?) ed eccomi qui, in quest’ora serale ed in pieno clima quaresimale a guardarmi attorno e a dolermi di tutto ciò che accade nel mondo.
Soppeso la cattiveria e la meschineria, la superbia e l’avidità, l’avarizia e l’egoismo, il narcisismo (e quanto narcisismo c’è in giro!) e la presunzione, e faccio i conti con me stessa. In un autoflagellante esame di coscienza…

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Ognissanti, tra credenza popolare e cultura religiosa


Autunno_HalloweenTra misteri celtici, tradizioni religiose, usanze locali la notte del 31 ottobre segna senz’altro un punto fermo che ci rimanda ad un’epoca in cui l’uomo viveva a contatto con la natura. L’uomo della campagna che seminava e raccoglieva osservando il tempo, le stagioni e la luna aveva rispetto per i cambiamenti della Grande Madre Terra. L’assecondava nel suo ritmo ciclico, nel suo alternarsi del giorno e della notte e viveva in perfetta sintonia ed osmosi con i suoi ritmi.
Così, dopo aver riposto il grano nell’aia, il vino nei tini, portato le olive al frantoio si accingeva a trascorrere serenamente l’inverno, grigio, freddo e tedioso… Si preparava al sonno della natura. Sonno della Natura, riposo dalla fatica dei campi… i semi sotto la terra.
Sonno… riposo… sottoterra, non vi viene in mente nulla?
Esatto, queste parole riconducono, inevitabilmente, al ricordo dei nostri cari, di coloro che non ci sono più. Hanno chiuso gli occhi al sonno eterno e riposano dentro una bara… sottoterra. L’ultimo pensiero allora era per loro, per i cari estinti, richiamati in vita una volta all’anno per ricordarci che dal sonno ci si sveglia. Che alla Morte segue la Rinascita…
Oggi l’anima commerciale, assetata di denaro, ha mercificato queste affinità umane, quest’empatia che univa l’uomo alla terra e ne ha fatto una questione di marketing… Così da più parti si assiste a una condanna della Festa di Halloween definendola satanica… Per un certo credo bigotto che vede nelle forze “oscure”, nell’oscurità della nostra misera conoscenza di ciò che è oltre noi, la notte del 31 Ottobre perde la valenza misterica e diventa asservimento a Satana.
A volte penso che molti hanno solo voglia di polemizzare e creare un “caso” dove caso non c’è. Sia ben chiaro, non amo il folklore commerciale, non incentivo il business che sta dietro a questa festa ma non lo demonizzo nemmeno.
Mi piacerebbe solo che l’uomo tornasse a riscoprire questa notte il suo vero significato, che si ponesse all’ascolto dell’Anima Mundi, in religioso Silenzio… Silenzio favorito dalla stagione che sta per arrivare.
Dice Gesù che i sapienti hanno nascosto la verità agli umili facendola diventare artificiosa e incomprensibile per fare si che il popolo li ubbidisse. Ma li avverte anche: guai a Voi che vi fate chiamare Maestri e nascondete la verità… guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; poiché né entrate voi né lasciate entrare coloro che stanno per entrarvi.
Le zucche, se non avete lumi accendetele pure ma ricordatevi che per quanti modi possiate cucinarla è sempre e solo una …zucca… Buon Ognissanti a Voi.

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Non si può prescindere dalla propria natura


zodiaco_scorpioneNon prescindere dalla propria natura vuol dire assecondare le proprie inclinazioni.
Assecondare le proprie inclinazioni significa camminare sul sentiero che è stato tracciato per noi.
Camminare sul sentiero che è stato tracciato vuol dire non perdere di vista la meta.

Non perdere di vista la meta vuol dire giungere a casa.

Giungere a casa significa aver portato a buon fine il proprio compito.
“Un maestro zen vide uno scorpione annegare e decise di tirarlo fuori dall’acqua. Quando lo fece, lo scorpione lo punse.
Per l’effetto del dolore, il padrone lasciò l’animale che di nuovo cadde nell’acqua in procinto di annegare.
Il maestro tentò di tirarlo fuori nuovamente e l’animale lo punse ancora.
Un giovane discepolo che era lì gli si avvicinò e gli disse: “Mi scusi maestro, ma perché continuate? Non capite che ogni volta che provate a tirarlo fuori dall’acqua vi punge?”
Il maestro rispose: “La natura dello scorpione è di pungere e questo non cambierà la mia che è di aiutare.”
Allora, il maestro riflettè e con l’aiuto di una foglia, tirò fuori lo scorpione dall’acqua e gli salvò la vita; poi, rivolgendosi al suo giovane discepolo, continuò: “Non cambiare la tua natura, se qualcuno ti fa male prendi solo delle precauzioni perché gli uomini sono quasi sempre ingrati del beneficio che gli stai facendo. Ma questo non è un motivo per smettere di fare del bene, di abbandonare l’amore che vive in te”.

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Terzo millennio


terzo millennioEravamo ancora nel 20° secolo e una certa corrente, definita “New Age”, diceva che col terzo millennio si sarebbe entrati nell’era dell’Acquario. Il segno della “illuminazione intellettiva”. Quindi, in quanto tale, il secolo che stava per arrivare si sarebbe connotato proprio per questa suo afflato di Verità, Giustizia, Pace. In parole povere di “amore universale” in cui l’uomo avrebbe “scoperto” i veri valori dell’esistenza.
Sono trascorsi 15 anni, un po’ pochi per rendersi conto se il “mutamento” c’è stato , nel senso, come ingenuamente pensavo, di un rivoltamento “immediato” della generale coscienza dei popoli di questo pianeta. Ma riflettendoci, forse, e ribadisco forse, i seguaci della new age non erano molto lontani dal vero.
Il “cambiamento” è in atto… è ancora in nuce, questo è vero, ma sento che c’è. A poco a poco le nebbie si diradano, a poco a poco ciò che era nascosto esce allo scoperto. A poco a poco quello che era celato diviene palese. L’umanità, questa fragile e indifesa creatura non ce la fa più a sopportare guerre, lotte, ingiustizie, fame, miseria e… prepotente egotica inciviltà. Le coscienze piano piano si vanno risvegliando dal lungo sonno, esistono ancora forte roccaforti di resistenza tra gli egoisti, i miserevoli, quelli che non vedono al di là del proprio naso. Gente il cui cervello è ancora infilato dentro la cassaforte del capitalismo, ove questo è sinonimo di taccagneria da quattro soldi… Ma gli “illuminati”, coloro che lottano per il Bene dell’Umanità, tutta, senza distinzione di sesso, razza o religione (sia questa politica o teologica) cominciano ad uscire ed a farsi strada tra l’indifferenza e l’ avidità generale…
Il coperchio è stato alzato, adesso si tratta di girare la pasta…

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Tra luce e tenebre


10494847_307338362761101_5233646705784995880_nCi muoviamo nel mondo delle apparenze. Su un piano terreno fatto di pensieri ed emozioni e pensiamo di essere noi gli artefici della nostra vita, del nostro destino.
Sguazziamo nelle nostre certezze come un pesce dentro l’acqua. Ci stiamo bene. Ci danno sicurezza, forza. Ci confortano nei momenti in cui ci afferra quel senso di vuoto e ci illudiamo che siano queste a riempircelo.

Poi, d’improvviso una crepa, un tremolar di terra sotto i piedi e tutto frana.

Tutto si distrugge e con stupore ci guardiamo attorno dove tutto è rovinato. Rovistiamo tra le macerie sperando che qualcosa sia rimasto intatto.

Ma non troviamo nulla.

Ci affanniamo, non demordiamo, speriamo con la forza della disperazione che ci assale nel ritrovarci privati di tutto ciò che consideravamo assodato, inoppugnabile, indistruttibile,  che non sia sparito del tutto, così in un  batter di ciglio. E la ricerca diventa più frenetica, abbandoniamo le pale e iniziamo a scavare con le mani, ci feriamo ma godiamo di quelle ferite che non ci fanno sentire il dolore più grande: Quello della perdita.

Le lacrime ed il sangue impastano la polvere che si deposita e creano una crosta dentro cui si rinchiude il corpo e ti senti soffocare. Senti che ti manca l’ aria. Balzi giù dal letto e urli. Urli a quel Dio che molti ti dicono che non esiste.

Non esiste?

Ti guardi attorno ma difficile scorgere nelle tenebre che ti circondano la sua presenza. Lo invochi: Dio, ci sei?

e nell’angoscia del momento ti viene in mente la battuta: Se ci sei, batti un colpo.

Tu, Dio o Demone, se ci sei dammi un segno e aiutami a dare un senso a questa vita, alla mia esistenza. Io ti imploro, spiegami se e in che modo la mia vita debba essere condizionata da avvenimenti esterni a me. Se io sono padrone della mia vita, delle mie azioni, se io sono il solo responsabile di ciò che mi accade perché debbo subire decisioni prese fuori di Me? Perché metti la mia vita nelle mani degli altri rendendoli padroni della mia libertà? Libertà… che libertà è mai questa che sottostà ai capricci altrui? Dove è la mia libertà se chi vive accanto a me mi incatena con legami di dipendenza fisica e psichica? Chi chiama questa:libertà? Questa è schiavitù altro che libertà!

Nella notte, mentre ancora non si è perso l’eco della tua invocazione, ecco che prende forma una strada. Intravvedi un sentiero e si… Ora hai la certezza che in realtà ti stai muovendo su un livello e sopra di questo se ne trova un altro. Fai i conti con la tua limitatezza che non è solo fisica, condizionata dall’idea di tempo e spazio entro cui ti hanno insegnato a muoverti ma che vi è un oltre. Un livello più su della tua testa.

D’ improvviso ti è chiaro che da qualche parte ci deve essere una scala di servizio da usare per salire.

Adesso si tratta di trovare la porta.

Addio mio generale!
Non sarà facile e so che non è un addio definitivo. Continuerò a cercare tra le rovine e mi rialzerò per cercare la porta. Tornerò ad accasciarmi, a continuare a cercare tra cumuli di terra, polvere e fango e tornerò a rialzarmi ma ora sono certa che prima o poi troverò quella porta ed allora si, allora sarà un addio definitivo a questa vita e sarà l’inizio della “nuova nascita”.

Ed ora mentre sto con un piede tirato verso il basso e l’ altro che tenta di compiere un salto sopra le rovine che mi franano addosso prendo appunti. Abbozzo la mia storia e la salvo.

Non va resettata.

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Abbiate coraggio. Osate!


400_F_26667978_Hdi7lGAiQ9GZNrw3gz4GXqtO9tDasZ8zPerché c’è gente che vive del riflesso degli altri? Perché c’è così poca gente che non sa vivere se non attraverso gli occhi degli altri? Perché c’è gente che si illude miseramente di essere qualcuno solo se viene degnata dall’attenzione del potente di turno?
Siate Voi stessi!
Valere più di un altro/a dipende solo da Voi. Azionate il VOSTRO cervello e abbiate il coraggio di “essere”.
Osate!
Solo chi osa vola alto. Solo chi lotta contro la forza del vento, solo chi affronta le onde alte nuotando contro la corrente fortifica il suo essere.
Osate!
Buttatevi a capofitto nelle cascate. Nei vortici del mare in tempesta. Remate sempre contro corrente e vedrete il cambiamento in Voi stessi. La Vita è un atto di coraggio. Ha i suoi momenti di pausa, di stagnazione, di acquitrini in cui ci si impantana, è vero, ma abbiate l’accortezza di non rimanervi a lungo altrimenti vi troverete presto nel fango che il sole disidraterà rendendolo solo arido suolo…

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Inno a Demetra


InvocationDemetra dalle belle chiome, dea, veneranda, io comincio a cantare,
e con lei la figlia dalle belle caviglie, che Aidoneo rapì;
lo concedeva Zeus dal tuono profondo, che vede lontano,
eludendo Demetra dalla spada d’oro, dea delle splendide messi
mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano,
e coglieva fiori: rose, croco, e le belle viole,
sul tenero prato; e le iridi e il giacinto;
e il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto,
la Terra, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini accoglie.

Mirabile fiore raggiante, spettacolo prodigioso, quel giorno per tutti:
dalla sua radice erano sbocciati cento fiori
e all’effluvio fragrante tutto l’ampio cielo, in alto,
e tutta la terra sorrideva, e i salsi flutti del mare.
Attonita, ella protese le due mani insieme
per cogliere il bel giocattolo: ma si aprì la terra dalle ampie strade
nella pianura di Nisa, e ne sorse il dio che molti uomini accoglie,
il figlio di Crono, che ha molti nomi, con i cavalli immortali.

E afferrata la dea, sul suo carro d’oro, riluttante, in lacrime, la trascinava via;
ed ella gettava alte grida invocando il padre Cronide, eccelso e possente.
Ma nessuno degli immortali o degli uomini mortali
udì la sua voce e nemmeno gli olivi dagli splendidi frutti.
Solo la figlia di Perse, che ha candida mente,
Ecate dal diadema luminoso, nel suo antro,
e il divino Elio, splendido figlio di Iperione,
udivano la fanciulla che invocava il padre Cronide; ma questi, in disparte
lontano dagli dei sedeva nel tempio dalle molte preghiere,
ricevendo belle offerte dagli uomini mortali.

Intanto, secondo il volere di Zeus, portava con sé la dea riluttante
colui che è signore di molti, e molti uomini accoglie, il fratello del padre,
il figlio di Crono, che ha molti nomi, con i cavalli immortali.
Fin quando la dea scorgeva la terra e il cielo stellato,
il mare pescoso dalle vaste correnti,
e i raggi del sole, e ancora si attendeva di rivedere la cara madre
e la stirpe degli dei che vivono in eterno,
sebbene ella fosse angosciata, la speranza le confortava il nobile cuore.
Risuonarono le vette dei monti, e gli abissi del mare,
alla sua voce immortale, e l’udì la madre veneranda.

Un acuto dolore la colse nell’animo: le bende, che le chiome
immortali cingevano, lacerava con le sue mani,
si gettava sulle spalle un cupo velo,
e si slanciò sopra la terra e il mare, come un uccello,
alla ricerca. Ma nessuno degli dei
e degli uomini mortali voleva dirle la verità,
e nessuno degli uccelli venne a lei come verace messaggero.

Per nove giorni, allora, la veneranda Demetra sulla terra
vagava stringendo nelle mani fiaccole ardenti:
né mai d’ambrosia e di nettare, dolce bevanda,
si nutriva, assorta nel suo dolore; né si immergeva in lavacri.
Ma quando infine giunse per la decima volta la fulgente aurora
le venne incontro Ecate reggendo con la mano una torcia;
e, desiderosa di informarla, le rivolse la parola, e disse:

“Demetra veneranda, apportatrice di messi, dai magnifici doni,
chi fra gli dei celesti o fra gli uomini mortali
ha rapito Persefone, e ha gettato l’angoscia nel tuo cuore?
Infatti, io ho udito le grida ma non ho visto con i miei occhi
chi fosse il rapitore: ti ho detto tutto, in breve e sinceramente”
.

Così dunque parlò Ecate; e non le rispose
la figlia di Rea dalle belle chiome; invece, rapidamente, con lei
mosse, stringendo nelle mani fiaccole ardenti.
E raggiunsero Elio, che vigila sugli dei e sugli uomini;
si fermarono dinanzi ai suoi cavalli, e lo interrogò la divina fra le dee:

“Elio, tu almeno abbi rispetto per una dea, quale io sono, se mai
per le mie parole o i miei fatti fui gradita al tuo cuore e al tuo animo.
La figlia che ho generato, mio dolce germoglio, dal volto luminoso […]
ho udito il suo alto grido attraverso il limpido etere,
come se subisse violenza: ma non l’ho vista con i miei occhi.
Ma poiché tu certo, su tutta la terra e sul mare
dall’etere divino guardi con i tuoi raggi,
sinceramente dimmi se mai hai veduto
chi la mia figlia diletta ha preso a forza, contro il suo volere, mentre ero lontana,
ed è fuggito: sia uno degli dei o degli uomini mortali”

(Attribuito ad Omero)