Durante il mio percorso lavorativo non ho mai, e ripeto mai, accettato che i miei alunni mi dicessero: Non ce la faccio… Non ci riesco… Non sono bravo…
Non l’ho accettato da mio figlio nato sordo, non l’ho accettato in tutti i bambini che ho seguito durante i miei anni come docente di sostegno e men che meno l’ho mai accettato in tutti quegli alunni che non presentavano alcun problema se non quello della scarsa, bassa, insufficiente autostima. Oggi la conferma del mio giusto modo di agire mi viene data dagli studi della psicologa americana Carol Dweck, laureata al Barnard College e con un dottorato di ricerca conseguito a Yale. Attualmente ha una cattedra di Psicologia a Stanford, ma in passato ha insegnato nella Columbia University, a Harvard e presso l’Università dell’Illinois.
Nella sua carriera incentrata sugli studi di Psicologia, la Dweck si è specializzata sul cosiddetto mindset, la forma mentis. I suoi studi e il suo libro – nella versione italiana Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo – sostengono che l’affermazione dipenda unicamente dal modo in cui l’individuo si approccia al contesto in cui il suo potenziale viene messo alla prova. Ossia, è come si affronta una sfida a determinare i nostri risultati.
In base al tipo di approccio, la dottoressa statunitense divide il mindset in due tipologie, fixed (statico) e growth (dinamico).
Il fixed mindset è tipico di coloro che reagiscono in forma passiva e statica agli stimoli esterni, percependo le proprie sconfitte come inevitabili e addirittura determinanti per il proprio futuro. Il fallimento e le critiche altrui su un certo errore sono la riprova che non c’è possibilità di potercela fare, e la sola strada percorribile è la rinuncia.
Al contrario, la riuscita di molti è esattamente frutto di un insuccesso precedente. Un growth mindset, una mentalità dinamica, spinge le persone a fare di più per trasformare una disfatta in un trionfo. Sono coloro che imparano dai propri errori mutandoli in un punto di partenza per potersi migliorare e raggiungere così esiti positivi. Il cervello è un muscolo sottoponibile a un costante allenamento, e gli sbagli e le critiche sono un importante attrezzo per il personale perfezionamento, piuttosto che un motivo per sentirsi umiliati. Ogni sfida e ostacolo esistono affinché li si possa superare, e non per rifugiarsi nel proprio mondo, chiusi a ogni possibilità di trasformare un potenziale in realtà.
Cos’hai imparato oggi? Quale sbaglio hai fatto che ti ha insegnato qualcosa? In cosa ce l’hai messa tutta oggi?
È così che la professoressa Dweck spinge il proprio pubblico di lettori e ascoltatori a fare di più, a cogliere le sfide come un’occasione di crescita.
La definizione di intelligenza secondo Dweck è: l’equilibrio dinamico tra assimilazione e accomodamento, ossia la continua ricerca di equilibrio tra la capacità dell’individuo di adattare se stesso all’ambiente e quella di adattare l’ambiente a se stesso.
Se si insegnasse alle persone fin dai primi anni di vita che ogni loro successo o fallimento non dipende da doti innate ma dal costante impegno probabilmente il nostro Paese non sarebbe arrivato alla triste decisione di eliminare, nelle scuole primarie e secondarie, possibili bocciature. Queste ultime, infatti, sono una preziosa opportunità da non negare agli studenti, poiché offrono la possibilità di ripetere un percorso affrontato nel modo sbagliato per conseguire ottimi risultati nelle materie che sembravano un ostacolo insormontabile.
Chi a scuola non ce l’ha fatta non va reputato un fallito, una persona senza speranze a cui offrire una scorciatoia con banali e striminziti corsi di recupero, bensì necessita di ripetere il medesimo anno scolastico con un atteggiamento nuovo, positivo, basato sull’impegno.

Perché tutto ciò di cui le persone hanno bisogno è sapere di potercela fare e di non essere seconde a talenti che saranno sempre un pizzico avanti. I passi si fanno con le proprie gambe, certamente con il supporto di qualcun altro, ma senza lasciarsi portare sulle spalle, perché permettere ciò significa credere di non essere in grado di raggiungere un traguardo con le proprie forze. Ed è soltanto una grandissima bugia.
Vorrei ricordarlo ai colleghi e ai genitori: Non esiste la parola “impossibile”, tutti ce la possono fare. Come in una corsa ad ostacoli non si arriva tutti primi ma ognuno con il proprio tempo e il proprio impegno arriverà al traguardo.
L’importante è insistere, insistere, non mollare e non arrendersi. MAI!
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