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… e rosso sia


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Rosso come l’Amore.
Rosso come la passione.
Rosso come il sangue…

Erano anni che il colore delle decorazioni natalizie era il bianco e l’oro, a casa mia.
Quest’ anno ho tirato fuori le palline rosse perché mai come quest’anno la sofferenza per il sangue versato senza alcuna ragione plausibile che non fosse quella scaturita dall’odio e dell’egoismo, e per mano di uomini e donne che non sanno amare, mi ha ferito così tanto.
Perché ho dovuto anche sopportare i sogghigni e l’esultanza di chi ha firmato queste condanne. Ed il mio pensiero va, più che mai, a Rosanna… la cui unica colpa è stata quella di essere la sorella della moglie di un uomo che non sapeva amare…
Rosanna lo dedico a TE … ed a tutte le donne uccise perché hanno avuto lo sfortuna di innamorarsi dell’uomo sbagliato ❤.

Lo dedico a tutte le donne e i bambini che nel mondo vivono le più inumane violenze ❤.


Per finire, lo dedico a tutta quella umanità in fuga dalle guerre, dalla fame, dalla miseria e dalla disperazione ❤.

So che non sarà un Natale come tutti gli altri… perché alla tristezza che mi ha sempre accompagnato si aggiunge altra tristezza.
Si aggiungono tanti rospi che ho dovuto ingoiare…


HO VOLUTO farlo l’albero perché il mio desiderio più grande è quello che porti nel mondo quell’ Amore che gli uomini hanno dimenticato.
Ed allora: Che rosso sia… ma non di sangue. #restiamoumani❤

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Di uva, di chicchi e di Ragione


29929In collegio, i bambini cenavano prima delle suore. Una sera, nel passare davanti al loro refettorio, gli occhi mi caddero sui piattini di frutta accanto ad ogni posto. Erano bellissimi grappoli di uva bianca, grossi, gonfi e torniti che campeggiavano nei singoli piattini e non potetti fare a meno di osservare come fossero differenti da quelli piccoli che ci erano appena stati serviti a noi. Così, senza pensarci su due volte, l’osservazione la feci ad alta voce e fu udita dalla suora assistente. Il giorno dopo, nell’entrare nel nostro refettorio, mi accorsi di risatine e gomitate fra le mie compagne che mi lanciavano occhiate divertite. Nel prendere posto a sedere notai che davanti a me c’era un bel piatto di uva dai chicchi belli grossi. Lì per lì rimasi interdetta, mi sedetti e iniziai a guardare le compagne al mio tavolo, erano tavolini esagonali, quindi con sei posti… Chiesi cosa significasse la loro risata e mi dissero: “Ieri sera ti sei lamentata che noi abbiamo avuto pochi chicchi d’uva per cena, ora mangiati tutta questa e poi vedrai cosa ti accadrà!”. Smarrita, interdetta, chiesi che cosa mi sarebbe dovuto accadere e loro mi dissero: “Con tutta quest’uva sicuramente stanotte ti farai la pipì addosso!”. Avevo nove anni ma compresi che la suora assistente aveva trovato la “giustificazione” al perché a noi venivano dati pochi chicchi mentre le suore avevano i grappoli interi. Non risposi nulla, non mi feci la pipì addosso… non avevo mai bagnato il letto dalla nascita, figuratevi se potevo bagnarlo a nove anni! Ma ricevetti la prima conferma di come il mio pensiero fosse stato mal interpretato. La mia osservazione non era fatta pensando solo alla mia pancia ma anche a quella di tutte le compagne. Ci rimasi malissimo, non trovavo giusto che io potessi godere di tanta abbondanza mentre loro continuavano a rifocillarsi con 10 chicchi d’uva. Tacqui. Altro non potevo fare, e mi gustai il grappolo fino all’ultimo piccolo chicco. Ma continuo a portarmi dietro un fardello che fatico a mandare giù. Continuo a soffrire, oggi come allora, della fatica che fanno le persone a comprendere il mio pensiero. E’ il mio destino. Per quanto mi dimeni in questa bagneruola terrena non riesco a romperne i confini, a frantumare gli schemi… mi sento un po’ come Zi’ Dima dentro La Giara, voglio romperla ma mi viene impedito di farlo perché la mia ragione cozza contro la ragione dell’altro…

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Riflessioni di fine anno


Finisce un anno,che come tutti gli anni, è stato pieno di momenti belli e tanti, tantissimi tristi.Facce, volti, maschere, hanno toccato la mia vita, a volte solo sfiorandomi, altre volte lasciandomi profondi segni, cicatrici nell’anima che altri hanno medicato con molta sensibilità o senza nemmeno rendersene conto. A questi ultimi va tutta la mia gratitudine, la mia riconoscenza, il mio Amore. Gli altri li ho lasciati andare, con il cuore ancora ammaccato, ma che la vita ha forgiato per ripararsi da danni peggiori, senza per questo resettarlo. A tutti auguro buon anno…sia a chi mi ha ferito,sia a chi mi ha pugnalato, a loro l’augurio che faccio è solo quello di risvegliare il loro cevello (o anima come vogliono chiamarla) dal torpore in cui li fa vivere la mediocrità del quotidiano. A tutti gli altri, le Grandi Anime che ho incontrato e che ho avuto vicine, auguro di volare alto. Lì dove osano le aquile, lasciando polli e galline a razzolare con la bocca sulla terra in cerca di un seme di grano o di miglio. “Tanto assurdo e fugace è il nostro passaggio per il mondo, che mi rasserena soltanto il sapere che sono stata autentica, che sono riuscita ad essere quanto di più somigliante a me stessa mi è stato concesso di essere.”(Frida Kahlo)

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In attesa della Pietra Filosofale


JosephWright-AlchemistMolti anni fa, mentre mi recavo al lavoro alla guida di un’Alfa Romeo (modello Alfa 33, corretta dal consorte 🙂 ) accadde che all’improvviso si spense il motore. Ero sulla terza corsia a destra e andavo a una certa velocità, l’ora e l’autostrada me lo consentivano… Non so a quanti di voi sia mai accaduto di ritrovarsi sulla terza corsia, coi tir che ti sfrecciano sulla sinistra e non avere più il controllo del mezzo. Niente frecce segnaletiche, nessun controllo sui freni… non vi racconto il tumulto neuronale della mia mente. Dovevo accostare per avere modo di bloccare la macchina in un’area di sosta che non scorgevo. La responsabilità di poter causare un incidente provocando danni a qualche automobilista ignaro, la preoccupazione di non tagliare la strada a un tir o altro camion unita alla preoccupazione che il motore si fermasse mentre ero ancora in terza corsia… Insomma due cose andarono bene in quel momento: mi trovavo a percorrere un tratto in discesa, l’area di sosta la intravvidi a 500 m e di sicuro qualche mano lassù fece il resto…
Perché vi racconto questo? Per dirvi in modo molto terra terra che io non mi affido al 100% a nessuna cosa che l’uomo inventa o sperimenta. Tutto ciò che sfugge al “mio” controllo lo accetto solo con le… pinze perché penso che la perfezione è ancora ben lungi dall’essere raggiunta, almeno nella nostra era… Spero solo che l’uomo continui a cercarla… Alla fine è la famosa “Pietra filosofale” che si insegue ma che ancora è irrangiungibile..

Lion_Sun_Moon
Chissà quante generazioni ancora dovranno passare…

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Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris…


1024px-Clusone_Trionfo_della_morte_dettaglioMemento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris…
Riflettevo poco fa sull’arroganza e sulla supponenza di tutte quelle persone che, avendo raggiunto posti di prestigio, di potere, si dimenticano spesso da dove sono partiti.
Ecco, si può essere più o meno cattolici. Si può credere o non credere ad una vita oltre la morte. Si possono contestare, cosa che a volte faccio io stessa, alcune manifestazioni “esteriori” della Fede, resta un constatazione certa che, quelle parole, pronunciate il “Mercoledì delle ceneri” dal sacerdote mentre ti cosparge la cenere sul capo ci riportano tutti, credenti o non credenti, alla dura realtà della nostra esistenza:
“Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris”.
Chino il capo, colmo di profonda umiltà nel riflettere che alla fine di tutto resterà solo “polvere su polvere”… e in queste ore che precedono il sonno mi tornano alla mente le tante esortazioni del Qoelet e pure Totò con la sua poesia “A livella”, e mi chiedo quanti di noi riflettono sulla fine di una esistenza che può essere ricca e piena di onori o miserevole ed indegna ma che comunque è destinata a diventare solo “cenere”.
Non so, forse dieci anni di vita collegiale, trascorsi più sui libri della biblioteca delle suore che su quelli scolastici, mi ha portato a sentire “a fior di pelle” gli avvenimenti ciclici del calendario. Un po’ come il segugio allenato a fiutare la preda (che si sa che i segugi sono animali più da “pelo” che da “penne”) io avverto nell’aria quel sentore particolare che mi spinge ad entrare in sintonia con l’anima mundi (cattolica?) ed eccomi qui, in quest’ora serale ed in pieno clima quaresimale a guardarmi attorno e a dolermi di tutto ciò che accade nel mondo.
Soppeso la cattiveria e la meschineria, la superbia e l’avidità, l’avarizia e l’egoismo, il narcisismo (e quanto narcisismo c’è in giro!) e la presunzione, e faccio i conti con me stessa. In un autoflagellante esame di coscienza…

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Dalla Pennsylvania a Roccalumera


Una mail, appena arrivatami dalla Pennsylvania, mi ha spinto a cercare un mio post sul web che si riferiva al bisnonno di uno zio “acquisito” nella cui casa ho trascorso parte della mia vita fino all’adolescenza.. e adesso, con tanta ma tanta commozione, mi ritrovo a “contemplare” una delle tante foto che campeggiavano nel salotto “buono”. Foto dove era raffigurato il padre di mio zio con alle spalle il Principe di Monaco ed in un’altra mentre si stringono le mani dopo la premiazione. Insieme alla foto ho trovato una piccola biografia di quest’uomo che ammiravo senza conoscerlo, ma solo per ciò che di lui si raccontava: Don Gaetano Interdonato Longo.

Don Gaetano Interdonato Longo (1865-1931) Figlio del colonnello garibaldino Giovanni Interdonato e di Teresa Longo, ricoprì la carica di Sindaco del comune di Nizza di Sicilia. Fu campione mondiale di tiro al piccione al Grand Prix di Montecarlo nel 1926, colpendo 14 piccioni su 14 e superando 170 concorrenti provenienti da tutto il mondo, tra cui il messinese D’Amico e il francese Honoré Gujot. La cronaca ce lo presenta così: “Il suo aspetto atletico ispira il senso e il fascino della forza e attrae alla sua simpatia”. Al suo fascino non resistette per esempio una spettatrice del Grand Prix, che al settimo piccione lasciò la tribuna per avvicinarlo e offrirgli un mazzo di rose come si usava fare ai vincitori. Al 14° piccione quella signora andò ad abbracciarlo piangendo di commozione. La città di Montecarlo gli eresse un busto a ricordo della sua vittoria. La passione per lo sport lo portò spesso fuori di Nizza e fu la causa della sua sconfitta alle elezioni amministrative del 1914. Per lo stesso motivo perse anche le elezioni provinciali contro l’avvocato Salvatore Isaja, e ciò ispirò una bellissima poesia dialettale al poeta nizzardo Giovanni Micalizzi.

Che dire, quando una parte della tua vita (che ti sei gettata alle spalle tanti e tanti anni fa e che credevi fosse morta e seppellita) torna all’improvviso spalancandoti la porta, riportandoti alla mente scenari semi-dimenticati,  ti tramortisce e ti lascia davvero senza fiato e forse anche tanto rammarico misto a nostalgia e, in quest’ora notturna, mi chiedo: E se fossi rimasta lì, tra quelle robuste mura?

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Se… 2015


papàA volte riguardando a ritroso la mia vita mi riscopro a contare i “Se” che hanno accompagnato le mie esperienze, determinate dalle azioni fatte e/o non fatte da me e da chi mi viveva accanto.
Vado a ritroso fino al grande “SE”… Se Tu non fossi morto, Papà, la mia vita sarebbe stata quella che mi faceva intravedere tua sorella? Davvero sarei stata la Tua Principessa e non la povera Cenerentola, la piccola orfanella, a cui l’hai destinata andando via? Quanto mi è pesato nelle orecchie, nel cuore, nella mente quel “Se”… Ripetuto da chi mi stava accanto non una, ma centinaia, migliaia di volte!

Difficile scavalcarlo, difficile superarlo… ci inciampi continuamente. Sempre te lo ritrovi tra i piedi quando cerchi di dare un perché al domani.

Se Tu non fossi morto davvero la mia vita sarebbe stata patinata, tutta rose e fiori? Davvero non avrei conosciuto la sofferenza e la vita grama? Se Tu non fossi morto davvero non avrei conosciuto il sapore amaro dell’umiliazione? Se Tu non fossi morto ti avrei avuto accanto ad asciugarmi le lacrime dovute alle sbucciature provocate dalle mie continue cadute?

Se Tu non fossi morto, sicuramente mia madre non mi avrebbe messo indosso il vestito nero del lutto… (Tu non hai visto il volto indignato di tua madre quando mi vide vestita di nero a cinque anni… me lo strappò di dosso dicendo a mia madre: Perché hai vestito a lutto “a picciridda”? e mentre parlava mi infilava una gonnellina di panno di lana verde con tutto un bordo ricamato di grosse fragolone rosse. Quanto ho amato quella gonna!).
Lei il lutto l’ ha portato per oltre trent’anni senza mai toglierlo dal cuore e dal cuore non l’ho mai tolto nemmeno io, Papà, mentre continuo a chiedermi… se…

Auguri, Papà!

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Buon anno e felici feste


Alba d'amoreCome ogni anno giunti alla fine dei 12 mesi si tirano i remi in barca e si cerca di fare un bilancio dei profitti e delle perdite. Come accade in una qualunque contabilità aziendale così è duopo fare con la nostra vita mettendo in bilancio sia  le esperienze vissute così come le emozioni provate. Quelle, per intenderci, che ti fanno ridere e/o piangere. Qualcuno, durante questo anno mi ha detto che si può piangere anche di gioia, ed io ho pianto anche di gioia ma soprattutto ho pianto di dolore. E’ stato un anno duro per me, come credo che lo sia stato per il 99% degli italiani. Ed è stato duro non solo dal punto di vista  materiale ma anche emozionale. E, giunta alla mia età, i sentimenti, le emozioni hanno molto più valore dei beni materiali e del conto in banca. Mi sono sentita tradita, ferita, bistrattata, usata più di quanto non sia successo durante la mia vita.
Il destino, in questo anno, mi ha fatto ripercorrere a ritmo serrato le stesse identiche esperienze vissute nell’arco della mia esistenza. Ed è stato ancora più terribile in quanto una cosa è viverle con un tempo “dilatato” un altro a tamburo battente. Come se il tempo ti alitasse talmente forte in faccia da non darti il tempo di respirare… e non è per nulla piacevole vivere in apnea costante. Ci sono stati momenti in cui mi chiedevo se fosse perché il mio ciclo terrestre stesse per concludersi e qualcuno, da qualche parte nell’Universo, mi stesse sottoponendo a un “riesame” per poi “giudicarmi” e decretare se promuovermi o bocciarmi.
Poi la mia parte  “razionale”, quella che mi hanno insegnato a riconoscere durante il corso di counsellor, mi diceva che forse mi ero rificcata dentro il “mio copione” come vogliono i seguaci della PNL… e quando ripensavo al “copione” mi assaliva la rabbia, non razionale questa, che mi portava a infierire su me stessa e in quei momenti mi davo dell’idiota… della stupida. Mi chiedevo, con sgomento, come potessi essere così imbecille da ripetere i medesimi errori e mi tornava alla mente il detto:-“Errare humanum est… ma, perseverare è diabolico” –  a quel punto mi chiedevo quanto di “diabolico” ci fosse dentro di me.
Mi chiedevo, e mi chiedo, se la rabbia che provo sia frutto del mio carattere, del mio modo di essere o se invece non sia stata sguinzagliata da chi mi stava attorno. Da coloro che, con il loro atteggiamento, con le loro parole, coi loro gesti più o meno palesi, mi ferivano… mi pugnalavano alle spalle. Oggi, dopo tante domande poste che non hanno ricevuto risposte, dopo tanto tormentarmi e rigirarmi il coltello nelle ferite ancora aperte mi dico, con stupore, che non mi può fregare di meno. Accetto tutto ciò che ho ricevuto e lo ripongo nel cassetto dei ricordi. Archiviato in una cartella di un hardisk esterno al mio cuore ed al mio cervello. Non nutro né odio né rancore, conscia che molto probabilmente anch’io avrò cagionato sofferenza e dolore a qualcun altro… è la nostra “legenda personale”, come dicono gli alchimisti ed in questa “mia legenda” una grandissimo raggio di sole è penetrato illuminando un meraviglioso arcobaleno… Quello del futuro radioso che sono certa avranno i miei figli. Ed è anche, e solo, merito loro se io accetto senza oppormi il mio destino.
Ed è a loro e solo a loro, in primis, che voglio dire grazie. Grazie di esistere!
A voi tutti dico di non disperare, dopo ogni notte, per quanto buia e tempestosa possa essere, ci sarà sempre per tutti, poveri e ricchi, belli e brutti, buoni e cattivi, la stessa immensa e luminosa alba.
Tanti auguri di buone e felici feste. Sia che li trascorriate da soli che in compagnia, il mio pensiero vi accompagnerà augurandovi ogni bene…
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L’uragano Forchielli or the Great Warrior


Immaginate di aver trascorso la giornata intera a sfaccendare per casa. Immaginate di dover preparare una festa a sorpresa a cui parteciperanno circa 15 persone. Immaginate che dopo esservi preparate ed aver indossato delle comode e pratiche ballerine nere gli uomini di casa ti dicano: No, quel vestito sta molto meglio con un paio di scarpe coi tacchi. Immaginate di non saper dire di no ai suddetti uomini di casa e di accontentarli trovandovi a dover caracollare sui tacchi per il modico tempo di 5 ore, quando alla fine esausta ti dici:” Andate a quel paese”, e ti rinfili le comodissime ballerine. Immaginate che però quelle cinque ore sono state sufficienti per mettere in circolazione, nel vostro tessuto muscolare, l’acido lattico e immaginate di svegliarvi la mattina come dopo il primo giorno di palestra. Immaginate di trascorrere la notte con notifiche di email a cui non potete non rispondere. E dopo aver immaginato tutto questo continuate a farlo fino al pomeriggio, Quando, dopo aver pranzato, vi abbandonate sul letto e sprofondate in un sonno profondo per essere svegliati di soprassalto dallo squillo del cellulare. Con un occhio aperto e l’altro chiuso realizzate chi c’è dall’altra parte della linea solo perché vedete l’immagine, e immaginate di non avere il tempo di dire: “Sei tu!”, che una inconfondibile voce, con l’accento bolognese, dall’altra parte inizia a urlare:
– “Hai visto? Dico, ti rendi conto? Hanno trovato il coraggio! Adesso hanno trovato coraggio. Dovevo parlare io per farli uscire fuori a sta gente!”
La voce agitata è una via di mezzo tra l’euforia e la rabbia. Nonostante i miei neuroni siano mezzo addormentati sentire Alberto in quello stato mi intimorisce e non riesco nemmeno a fiatare mentre lui continua:
– “Finalmente qualcosa si muova anche lì da Voi. Ci hanno messo un po’, dici che l’hanno capito? Hai letto cosa ha detto l’Assessore?”
A quel punto realizzo di cosa sta parlando. Dell’ultimo episodio successo a Prato e dell’intervento dell’Assessore all’Integrazione del suddetto Comune il quale ha dichiarato che interromperanno i rapporti col Consolato Cinese se non si decideranno a collaborare. Mi metto seduta sul letto e cerco di farfugliare qualcosa a un imbestialito Forchielli.
Balbettando gli dico:
– Lo sai come siamo fatti noi italiani…
Non l’avessi mai detto, inizia a urlare, bloccando anche il pensiero:
-“Basta, sono stanco, stanco di sentire come siamo fatti. Questa storia deve finire! Io sono qui a Shangai con…. e fa il nome di un altro personaggio famoso e conosciutissimo a livello internazionale. Siamo stati a Pechino e ci dobbiamo tornare la settimana prossima e sto lottando per Voi, perché ci possa essere un futuro migliore per i nostri giovani e vengo a sapere questa cosa qui. Ti rendi conto? Questa è davvero una bellissima notizia. Finalmente qualcuno si muove! Ma possibile che se io non avessi parlato lì le cose continuavano ad andare come sempre?
Dico, timidamente: – Si, Alberto, me ne rendo conto. Qualcosa si muove… ma perché urli con me? Non sono mica Alino Milan, io?
Ma parlare con Alberto, l’ho imparato in questo anno e più che lo seguo, è come dire all’Etna di smettere di sputare lava… Infatti mi interrompe.
– Bene, adesso ti devo lasciare qui sono le 9.00 di sera ed io ho ancora molto lavoro da fare…
Ecco questo è l’uragano Forchielli. Un uomo così combattivo, così determinato. Un Uomo convinto che in questo mondo si viene per portare a termine, ciascuno di noi, una missione. Lui ha abbracciato quella della lotta alla criminalità cinese che vuole infiltrarsi nel nostro Paese e che già lo sta facendo in combutta con la nostra malavita organizzata.
La sua è la guerra del Buono contro il cattivo. Dell’ Onestà e della Legalità contro la Triade Cinese e la Mafia Italiana.
Ora capite perché non si può fare a meno di ammirare e seguire questo “Great Warrior”? Capite perché non possiamo lasciarlo solo in questa battaglia?

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Non so se sono comunista


Io non so se sono comunista o no. So che da ragazza, appena uscita dal collegio le idee anarchiche mi affascinarono. Poi mi appassionai alle lotte dei Radicali ma in Parlamento contavano come il due di coppe. Una cosa è certa, sicura e indiscutibile: Sono sempre stata dalla parte del più debole, dell’indifeso, di colui che non poteva far sentire la sua voce, del perseguitato (il caso Tortora fu emblematico per farmi capire da che parte dovevo stare, così come la morte misteriosa del giornalista Mauro De Mauro e di Pecorella, o il primo sequestro, a scopo di ricatto, del prof. Renato Caminiti per mano della ‘ndrangheta) per questo ho sempre avversato gli arroganti, i prepotenti e gli smargiassi. Non l’ho fatto perché io ero povera, precaria e disoccupata. L’ho fatto perché intorno a me c’erano poveri, precari, disoccupati. Gente disperata. Allora, come oggi, vedevo la generazione dei giovani andare via dall’Italia. Vedevo il mio paese spopolarsi giorno dopo giorno. Alla fine l’ho fatto anche io. La mia terra, il mio sud… la sponda sinistra e la sponda destra dello stretto su cui poggiavo i miei piedi era sempre più terreno arso. Vedevo intorno a me volti di vecchi stanchi e rassegnati. Di gente che pensava che nulla si poteva fare per cambiare. Ho provato a ribellarmi, a far capire loro che fuori da quei confini c’era un altro mondo che pullulava. Alla fine, stanca, mi sono detta che dovevo andare a incontrarlo anche io quel mondo. Non era sufficiente dire che c’era. Non sono andata lontano, a onor del vero, ma sono partita da sola e da zero con la valigia piena di sogni senza un soldo in tasca e l’incertezza di come sarebbe stato il mio destino, il mio futuro. Oggi, oggi non so quale scelta politica fare. Ho ancora dentro, intatti i miei ideali e loro rimarrano con me. Nessuno può distruggerli e fino a che vivrò continuerò a comunicare il mio pensiero. Continuerò a dire ciò che mi piace e ciò che non mi piace e non lo faccio perché qualcuno viene a scavare nelle mie tasche. No. Lo faccio per i giovani, per i figli di questa terra vittima dell’ arrogante ignoranza. Lo faccio in nome di quella che io penso sia il senso della giustizia sociale. A me non importa se uno è più ricco, più bello, più intelligente, più istruito di me se poi alla fine questo si rivela un approfittatore, un bugiardo, un ipocrita, un falso, un mascalzone che antepone i suoi interessi a quelli degli altri.
Sono cresciuta rispettando il lavoro di tutti. Fossero questi magistrati, giornalisti, manovali. Sono cresciuta col valore della Patria e dei suoi rappresentanti. Ho amato, perché me L’HANNO INSEGNATO ad amare, questo Paese e lo difenderò fino alla fine da coloro che intendono minarlo. Lotterò contro chi tenta di sfaldarne le fondamenta: Istituzionali in primis
Non so se la “Cultura” dello Stato sia un fattore “culturale” da opporre all’ignoranza di molta gente che questo stato vuole distruggere. So che per me la Patria è sacra ed inviolabile.
Non so se sono comunista, di sicuro condivido il pensiero di Berlinguer e rimango fedele al mio ideale.